Oggi su il Riformista:
Caro direttore, nell'analisi-appello di Salvati pare che i geni del partito democratico, né cattocomunista né socialdemocratico, siano quelli di una sinistra liberale che pone l'individuo al centro delle sue politiche, che si affida al libero mercato per assicurare il benessere, all'europeismo e all'atlantismo in politica estera, e alla laicità. Sorprende che dimentichi i radicali, con il ruolo che la loro cultura liberale e laica può svolgere, ma non lo Sdi che, non ha dubbi, «ritornerebbe all'ovile», la rosa «prevarrebbe» sul pugno. Ma i radicali non sono mai stati "pugno" e anzi indicando in Loris Fortuna uno dei modelli di riferimento del nuovo soggetto radical-socialista, Pannella intende recuperare del socialismo italiano quelle storie umane e politiche che rappresentano i pochi «frutti liberali» spendibili oggi, attuali proprio nella prospettiva di un partito democratico che non potrà essere socialdemocratico. Il liberale, scriveva Friedrich von Hayek, non può essere né conservatore né socialista. La sua fiducia nella competizione e nella concorrenza lo rende distante sia dai conservatori, difensori della superiore autorità e saggezza della tradizione, sia dai socialisti costruttivisti. Ma il fallimento del comunismo e l'esaurimento della socialdemocrazia, che per oltre un secolo hanno occupato lo spazio politico della sinistra nei parlamenti democratici, farebbero forse intravedere oggi a von Hayek la possibilità di un proficuo innesto dei liberali nel loro alveo naturale: a sinistra rispetto a un polo conservatore. Non rimane che, per prima cosa, «giurare» tutti su "On Liberty" di John Stuart Mill.
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