«Le conquiste dell'illuminismo sono troppo preziose per essere trasformate in valori negoziabili. Oggi il nostro compito è batterci per la loro difesa»
Nel suo intervento di oggi su la Repubblica, vediamo che anche Ralf Dahrendorf si schiera con Glucksmann e Panebianco per la difesa della libertà d'espressione. «Qual è esattamente il senso della nostra insistenza sull'ammissione del genocidio degli armeni come condizione per accogliere la Turchia nell'Unione europea?», chiede riferendosi alla recente legge liberticida approvata da un ramo del Parlamento francese.
Dal punto di vista storico, è utile rispondere aiutandoci con le parole di Giovanni Sabbatucci, il quale avverte che se lo «sterminio degli armeni è un fatto incontestabile e di dimensioni spaventose», tuttavia più discutibile, e infatti oggetto di disputa, è «il grado di intenzionalità del massacro e il suo carattere più o meno sistematico, insomma la possibilità di usare per definirlo la parola terribile di "genocidio", intesa in senso stretto». Siamo di fronte alla più tipica «disputa da studiosi», che dimostra come sia un errore imporre verità storiche per legge. E' un gran brutto mondo, conclude Sabbatucci, «quello in cui singole nazioni elaborano e impongono verità storiche ufficiali contrapposte le une alle altre».
Torniamo a Dahrendorf, che prosegue con una seconda domanda: «Siamo tanto certi della teoria evoluzionista di Darwin da poter escludere dall'insegnamento scolastico ogni nozione alternativa della genesi?» In questo caso il problema non è escludere dall'insegnamento teorie alternative a quella darwiniana, ma assicurarsi che quelle ammesse corrispondano a criteri di valutazione e di ricerca scientifici e che abbiano superato gli esami di attendibilità della comunità scientifica. Fermo restando, al di fuori delle aule scolastiche, il diritto di diffondersi e svilupparsi garantito a ogni teoria.
Dahrendorf, il cui obiettivo, condivisibile, è condannare ogni forma di censura preventiva sulle opinioni, continua citando i recenti casi di intimidazione e autocensura in Europa: «Chi ha a cuore la libertà di parola si è sempre posto il problema dei suoi limiti, uno dei quali va ravvisato nell'incitamento alla violenza... le reazioni violente alle idee non gradite sono sempre ingiustificabili, e non possono essere accettate... L'autocensura è peggiore della censura, perché è una rinuncia deliberata alla libertà».
Per questo bisogna difendere i Redeker, i Salman Rushdie, i caricaturisti danesi e i cultori dell'Idomeneo, «al di là delle nostre personali preferenze» su ciò che essi esprimono. «In una comunità illuminista, chiunque non gradisca queste manifestazioni può disporre di tutti gli strumenti della critica e del dibattito pubblico. Oltre tutto, nessuno è obbligato a comprare un certo libro, o ad ascoltare una particolare opera lirica».
«Quanto sarebbe povero il mondo se si vietasse di dire qualunque cosa possa rischiare di offendere una qualsiasi categoria di persone! Se una società multiculturale facesse propri i tabù di tutti i gruppi che la compongono, si finirebbe per avere ben poco di cui parlare».
Il mondo di oggi, conclude Dahrendorf, sta proprio attraversando un'ondata di suscettibilità globale, un'ondata «contro-illuminista», la definisce. A «dominare la scena» sembrano ormai essere «le posizioni più chiuse e restrittive». Diviene quindi di vitale importanza «riaffermare con forza una posizione illuminista, difendendo il diritto di tutti a dire anche le cose per noi più detestabili. Questo è uno dei principi basilari della libertà... Le conquiste dell'illuminismo sono troppo preziose per essere trasformate in valori negoziabili. Oggi il nostro compito è batterci per la loro difesa».
Sul problema dei rapporti fra religione e politica, segnaliamo un'interessante riflessione di Gian Enrico Rusconi, oggi su La Stampa, che coglie una differenza decisiva tra l'Italia e il resto d'Europa su questi temi: «Mentre in Europa lo Stato secolarizzato deve affrontare al suo interno soprattutto le culture non secolarizzate (come l'islamica), in Italia deve ancora risolvere problemi di etica pubblica che riguardano i suoi stessi cittadini come tali».
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