Meglio restarsene a casa: brodo caldo e aspirina
Da 30 a 35mila all'anno, circa 90 al giorno, le morti provocate direttamente o indirettamente dagli errori dei medici o comunque dall'inefficienza delle strutture sanitarie. Più vittime che sulle strade, per infarti e per molti tumori, con costi annuali stimati in 10 miliardi di euro (1% del Pil). Un vero e proprio massacro di innocenti. Una dichiarazione di fallimento del nostro sistema sanitario, che si dimostra incapace di raggiungere gli obiettivi per i quali i contribuenti, a costo di enormi sacrifici, lo tengono in piedi.
La metà di questi errori potrebbe probabilmente essere evitata. Tra le stime più ottimistiche (14mila l'anno) e più pessimistiche (50mila) si situa «una stima realistica di 30-35mila l'anno, pari al 5,5% del totale decessi», dicono gli esperti riuniti a Milano, per un convegno promosso dall'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) in collaborazione con il gruppo Dompè Biotec.
Secondo i dati Toscana Medica, tra i reparti più a rischio la sala operatoria (32%), dipartimenti degenze (28%), dipartimenti urgenza (22%) e ambulatori (18%). Secondo il Tribunale per i diritti del malato i campi più a rischio sono ortopedia (16,5%), oncologia (13%), ostetricia e ginecologia (10,8%) e chirurgia generale (10,6%). Gli errori in oncologia sono dovuti per il 40% alla somministrazione di farmaci sbagliati e per un altro 40% alla non applicazione dei protocolli previsti. Semplice negligenza o ignoranza, insomma.
Non si hanno purtroppo notizie di molte sentenze milionarie a carico di medici e strutture, e l'impressione generale è che spesso i famigliari dei pazienti rinuncino a intentare cause, anche perché i dati clinici forniti sono incompleti e di difficile interpretazione.
Anche nella sanità, come nel sistema educativo, emerge il problema della scarsa qualità del servizio. Anche la soluzione è la stessa: inserire nel sistema elementi reali di concorrenza tra le aziende ospedaliere. Il sistema sanitario nazionale dovrebbe essere riformato con l'eliminazione della figura del "medico di famiglia", ormai un burocrate puro, privatizzando in tutto o in parte le strutture e trasferendo nelle tasche dei cittadini gran parte delle risorse ad esse oggi destinate. I costi dei servizi sanitari sarebbero maggiori, ma i cittadini avrebbero più soldi per pagarsele e i vari istituti tutto l'interesse a migliorare i servizi per accaparrarseli.
Far dipendere, insomma, la sopravvivenza della struttura sanitaria dalla qualità del servizio che è in grado di offrire. In un sistema a concorrenza reale, dove le strutture fossero autonome e rischiassero in proprio in caso di errori, si moltiplicherebbero gli occhi aperti per evitare di commettere errori e l'attenzione per una più rigorosa selezione di personale qualificato.
5 comments:
E che mi dici del sistema di assicurazioni all'americana?
Ecco uno che avrebbe bisogno di un ricovero urgente: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/10_Ottobre/24/visco.shtml
Perchè, dico io, ma ci è o ci fa?
beh, io il 25 agosto sono stato operato di ernia inguinale nella struttura pubblica della mia città.
tutto bene, prestazioni elevate.
mia moglie s'è dovuta servire della struttura romana "columbus".
ottimo ospedale, bravi, competenti ed educati.
non so che significa ma credo che qualcosa funzioni pure.
ciao.
io ero tzunami...
Però evitiamo le generalizzazioni! Per onestà intellettuale! E chiediamoci pure CUI PRODEST?
Che c'entrano le generalizzazioni. Queste sono statistiche.
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