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Sunday, October 15, 2006

L'Europa con il mal di Francia

Una legge, approvata da un ramo del Parlamento francese, prevede il carcere per un reato d'opinione, per chi nega, cioè, il genocidio degli armeni. Una legge esplicitamente anti-turca, una ferita alla libertà d'espressione al solo scopo di ostacolare l'ingresso della Turchia nell'Ue. Irresponsable il fine, criminale il mezzo. Una legge fascista. [UPDATE: persino il presidente Chirac si è accorto dell'errore e ha definito la legge «inutile», promettendo a Erdogan di fare tutto il possibile perché non venga approvata.]

La Francia di oggi è il volto di un'Europa sempre più simile all'Europa di Monaco nel 1938.

Ne ha parlato in modo egregio, completo e stringente, Angelo Panebianco, ieri sul Corriere della Sera. La libertà di opinione, ha ricordato, «si misura in rapporto alla possibilità di sostenere opinioni aberranti o che appaiano tali alle maggioranze». Che libertà è quella di poter esprimere liberamente solo opinioni conformi a quelle del governo e della maggioranza? Che ce ne facciamo di una simile libertà?

«Allo zelo censorio nei confronti delle opinioni politicamente scorrette - ha sottolineato Panebianco - si accompagna il silenzio sulle vere aggressioni che sono oggi in atto contro la libertà». Non viene difeso Redeker, colpevole di avere detto ciò che pensava dell'islam. Viene messa sotto processo Oriana Fallaci, per le sue discutibili ma legittime opinioni. Non si proiettano film e non si mettono in scena opere che possano offendere la sensibilità islamica. E così via...

Panebianco conclude il suo articolo denunciando un'ulteriore «ipocrisia», comune all'Europa intera nel trattare questioni come quella oggetto della legge francese: «Dietro al disegno di legge c'è la volontà di compiacere un'opinione pubblica interna alla quale poco importa del genocidio armeno ma tanto importa, invece, di far fallire il negoziato per l'adesione della Turchia all'Unione europea. E' sempre così, d'altra parte, nelle questioni internazionali. Trattiamo bene Putin nonostante ciò che fa in Cecenia e altrove perché è potente e ci serve il suo gas. E facciamo affari con la Cina nonostante la sua politica liberticida. I diritti umani sono insomma un'arma che sfoderiamo o rinfoderiamo a seconda delle convenienze politiche. Come nel caso del povero popolo armeno massacrato quasi un secolo fa dai turchi. Del quale ci si ricorda o no a seconda dell'atteggiamento che si decide di tenere verso la Turchia».

Guardiamo le pagliuzze negli occhi di un nostro fedele alleato, politico e militare, come la Turchia, invece di aiutarlo in un processo difficile e lento, ma ben visibile, verso la democrazia, e dal valore aggiunto, trattandosi di un paese islamico; ma non vogliamo vedere la trave negli occhi di Putin.

Non è una storiografia di Stato che si può imporre alla Turchia come condizione per l'ingresso in Europa. Portare in tribunale i giudizi storici vuol dire negare gli stessi principi di libertà alla base dell'Unione europea. Dal Governo turco di può, e si deve, pretendere un dibattito storiografico libero, semmai che finanzi ricerche indipendenti, documentari televisivi, anche ricorrendo a una discriminazione "in positivo" per far emergere la tesi del genocidio armeno.

Ciò che allarma, invece, è il doppio standard della politica estera dell'Europa: "bastone" con paesi come Turchia e Israele; "carote" con Russia e Cina.

1 comment:

Anonymous said...

mmmm, e di Iriwin arrestato perché negazionista? o dell'apologia di fascismo in Italia... forse c'entrano anche queste con la libertà di cui parla Panebianco.
Che ne pensi?