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Tuesday, October 03, 2006

Importiamo più America in Italia (e in Europa)

Uno dei pochi giornalisti che i libri di cui parla se li studia è Vecellio, che giorni fa, su Notizie Radicali, ci ha segnalato Goodbye Europa di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi (Rizzoli editore, pagg. 218, 18 euro). Non è un caso se il libro, nelle librerie da qualche settimana, sia passato inosservato. Gli autori, come spiega Vecellio, hanno un solo "difetto": «Proprio perché spesso hanno ragione, li si ignora, pur tributando loro riconoscimenti e meriti».
«Acquisire i permessi necessari ad avviare una nuova attività richiede, in media, 62 giorni lavorativi in Italia e 16 diverse pratiche, per un costo totale di circa 5mila dollari. In Francia ci vogliono 53 giorni, 15 pratiche e quasi 4mila dollari, in Germania 45 giorni, 10 pratiche e 4mila dollari. Negli Stati Uniti sono richieste 4 pratiche, per completarle sono necessari 4 giorni e il costo è di 166 dollari».
Sono solo alcuni dei dati raccolti dai due economisti, i quali premettono che «un'economia di mercato ha bisogno di due cose per funzionare: una giustizia civile efficiente, che faciliti l'applicazione dei contratti e protegga le parti interessate, e regole che garantiscano al tempo stesso la sicurezza e la tutela dei consumatori, ma senza creare inutili costi per avviare e svolgere un'attività economica».

Ed è proprio in questa direzione - regole, non sussidi - che va la proposta di legge presentata da Daniele Capezzone, presidente della Commissione Attività produttive della Camera, e già sottoscritta da 37 parlamentari di maggioranza e opposizione: avviare una nuova attività imprenditoriale in soli 7 giorni. La proposta, sostenuta ieri dal Commissario europeo Gunter Verheugen durante l'audizione davanti alle Commissioni congiunte di Camera e Senato, dovrebbe iniziare il suo iter parlamentare in settimana.

Ma Giavazzi e Alesina riportano altri dati interessanti. Quanto dura il procedimento giudiziario per uno sfratto? Negli Stati Uniti in media 49 giorni, in Italia 630 giorni. E per la riscossione di un assegno a vuoto? Negli Stati Uniti ci vogliono 54 giorni. In Italia 645. E così via. Quindi, sostengono i due economisti, «per ricominciare a crescere occorrono regole diverse, non più denaro pubblico. Ma le regole si cambiano solo se si ha il coraggio di abbandonare il mito della concertazione: non c'è nulla da concertare con chi gode di privilegi a danno della maggioranza dei cittadini» (pag.9).

A dividere Stati Uniti ed Europa è anche una questione di mentalità, di filosofia di vita, addirittura: «Gli Europei considerano inaccettabile qualsiasi taglio al welfare state; gli americani vedono gli aumenti delle tasse come il peggiore dei mali» (pag.129); «Mentre nella politica americana aumentare le tasse è un "peccato capitale", il "peccato capitale" di quella europea è tagliare la spesa pubblica» (pag.37); «Quella americana è una società più mobile, cioè una società nella quale i poveri credono di poter uscire dalla povertà a patto di darsi abbastanza da fare. I poveri europei, invece, non hanno le stesse opportunità dei poveri americani poiché le società europee sono socialmente più immobili» (pag.35). «La lezione più importante che gli Stati Uniti possono dare all'Europa è la convinzione che gli individui rispondono agli incentivi e che nella maggior parte dei casi i mercati funzionano, o quantomeno funzionano meglio di ogni altro meccanismo» (pag.14).

Perché «goodbye Europa», dunque? Perché «negli ultimi dieci anni non solo gli americani lavorano di più degli europei, ma è anche aumentata più rapidamente la loro produttività. Perciò l'Europa perde terreno. Se si vuole lavorare poco, bisogna essere molto più produttivi quando si lavora... Gli americani dichiarano che sarebbero felici di lavorare di più per guadagnare di più, se ne avessero l'opportunità. Insomma, gli europei vogliono lavorare ancora di meno, e gli americani sono felici quando lavorano, se non di più... Gli europei possono scegliere di lavorare sempre meno e andare in pensione presto. Possono scegliere di scoraggiare chi vuole lavorare, aumentando le tasse per sostenere un costoso welfare state. Possono adottare politiche che disincentivano l'innovazione e sono d'ostacolo all'aumento della produttività. Ma diventeranno sempre più poveri rispetto alle società che lavorano di più. Se tutti ne sono consapevoli... godiamoci pure le vacanze!» (pagg.76-77).

5 comments:

Anonymous said...

jim, il libro e' di sicuro una cazzata. Alesina e Perotti sono due accademici. Due cattedratici. Due che citano migliaia di libri che magari pure hanno letto, e ancora piu' grave i libri che citano sono magari vecchi, perche' spiegano teorie e modelli, e non raccontano fuffa riempita di fuffa, come piace invece ad altri.

Quindi, consiglio di non leggere il libro.

Andrea Gilli

JimMomo said...

E ti pareva...

JimMomo said...

Alesina è Nathaniel Ropes Professor of Political Economics all'università di Harvard.

Giavazzi è docente di economia politica all'Università Bocconi di Milano.

Ma mi rendo conto che sono caccole a tuo confronto ;-)

Anonymous said...

vedo che non riesci a capire la sottile ironia dietro il mio commento. Alesina e', insieme a Tabellini, uno dei pochi che italiani che puo' prendere il nobel in Economia. Uno che ha preso il Ph.D ad Harvard vale qualcosa. Thus, nei suoi confronti: Respect.

Io sottolineavo solo come, te lo spiego visto che non capisci, quando parli di Alesina (o Perotti, etc.) non lo bolli come "cattedratico" con cui invece bollavi me e qualche studentello graduate. Tutto qui. L'incoerenza non e' mia, jim.

Spero che adesso tu abbia capito.
AG

ps: senza guardare i siti, come hai dovuto fare tu. Tabellini, Ph.d UCLA, insegna in Bocconi, prima e' stato a Stanford. Perotti dovrebbe avere il ph.d al NYU (o MIT), e insegna a Columbia e Bocconi. Giavazzi insegna alla BOcconi e al MIT... credo abbia il ph.d sempre al MIT ma non mi ricordo.

JimMomo said...

Evidentemente non mi sono sentito chiamato in causa dalla tua sottile ironia.

Quella che tu chiami "incoerenza" per me è non fare di tutta l'erba un fascio. Studi e opinioni che provengono dal mondo accademico vanno prese in considerazione in ragione della loro autorevolezza, ma non bisogna per forza condividerle tutte, a maggior ragione quando scatta l'arroganza e si ricorre all'ipse dixit.

Dunque, sì, distinguo: c'è accademico e accademico. Anche tra i "realisti", Kissinger è una cosa, Scowcroft un'altra.

ciao