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Friday, October 06, 2006

Finanziaria/3: in agenda l'attacco al cuore del sistema neocorporativo

Dicevamo, che questa Legge Finanziaria rinsalda quel compromesso storico corporativista tra grande industria e sindacati che da ottant'anni stritola l'Italia; che il riformismo ha dato un'altra prova d'inconsistenza, se non di dissimulazione; che Padoa Schioppa ha perso la faccia; che, insomma, siamo ancora all'anno zero delle riforme.

Dicevamo, che i radicali, se non vogliono ridursi anche loro al ruolo degli "utili idioti", dovrebbero abbandonare ogni complesso di inaffidabilità, ricordarsi che la ragione prima della loro presenza nelle istituzioni, per la quale si sono impegnati con gli elettori, è la conquista di pezzi di «alternativa» liberale; che al «tavolo dei volenterosi» occorre puntare a «spostare il baricentro dalle tasse alle riforme di struttura»; che questo lavoro va concentrato su poche, ma sostanziali questioni: accantonare misure come la rimodulazione delle aliquote Irpef targata Visco, il trasferimento forzoso del Tfr all'Inps, la mobilità lunga concessa in deroga alla Fiat; reinserire, invece, l'innalzamento dell'età pensionabile.

Tuttavia, è necessario alzare il tiro delle riforme. Non limitarsi alla correzione di rotta di questa Finanziaria, ma inserire nell'agenda politica, proprio nel momento in cui riprende vigore il patto oligarchico e corporativo che sfascia il nostro paese, quattro riforme di sistema che quel potere possono metterlo seriamente in discussione.

1) La riforma del sistema politico e istituzionale in senso anglosassone, maggioritario e bipartitico. L'unica in grado di garantire governabilità e rappresentatività, rafforzando al tempo stesso Governo e Parlamento; di ridurre il peso dei partiti e delle loro oligarchie, costringendoli ad affrontare il nodo della loro democrazia interna; di deideologizzare il dibattito politico; di introdurre nella nostra cultura politica la nozione di un centro non inteso come spazio fisico della palude e dell'"inciucio", ma come spazio politico virtuale dove non già i moderati, ma i liberali e i pragmatici dei due partiti s'incontrino.

2) L'attacco al cuore dello strapotere sindacale. I sindacati continuano a costituire una vera e propria camera delle corporazioni, una distorsione del modello di democrazia rappresentativa, una pesante ipoteca sul futuro del paese. Il ridimensionamento del ruolo delle Trade Unions nel partito è la premessa da cui è partito Tony Blair per riformare il Labour. Il potere attuale dei sindacati in Italia deriva in gran parte dal fatto di essere fornitori in monopolio della manodopera (contratti collettivi nazionali), di godere di particolari privilegi nella trattenuta delle quote associative e nell'assegnazione di centinaia di milioni di euro in commesse di Stato che gli permettono di penetrare, e ingessare, il sistema produttivo. Occorre distinguere tra conquiste dei lavoratori e privilegi dei sindacati. Il sistema centralizzato e concertativo delle relazioni socio-economiche non è più sostenibile al di fuori di quelle protezioni cadute con la competizione globale.

Riforma del diritto di sciopero, laddove costituisce un vero e proprio potere di ricatto nei confronti della cittadinanza e limiti il diritto al lavoro; abolizione del contratto collettivo nazionale a favore della contrattazione decentrata e individuale: oltre a una manciata di requisiti minimi universali (salario minimo orario, ferie, giorni di malattia, mesi di congedo parentale non retribuito, settimana lavorativa), il resto sia contrattato caso per caso e ove possibile direttamente tra lavoratore e datore di lavoro; privatizzazioni e liberalizzazioni, per sradicare sindacati e partiti da enti e imprese, dove addirittura le carriere dipendono da logiche spartitorie e neocorporative.

3) Una riforma in grado di assestare un vero colpo alla spesa pubblica e di mutare radicalmente la mentalità del cittadino nel suo rapporto con il fisco sarebbe l'abolizione del sostituto d'imposta. Far cessare la discriminazione tuttora vigente tra il contribuente-lavoratore autonomo e il contribuente-lavoratore dipendente avrebbe un duplice effetto. Da una parte quello di «affamare la bestia», cioè lo Stato si vedrebbe costretto a ridurre le spese non potendo più fare automatico affidamento su una somma certa di entrate nelle sue casse; dall'altra, anche i lavoratori dipendenti avrebbero la netta percezione, nelle loro tasche, di quanto lo Stato e i servizi che offre costino, rendendoli più consapevoli della necessità di ridurre la spesa e riformare le pensioni.

4) Facoltà di licenziamento. Innanzitutto dei dipendenti pubblici. E' un principio basilare di moralità politica a suggerircelo: laddove è il denaro della comunità a essere speso, e le tasse anche dei ceti meno abbienti, gli sprechi devono essere minimizzati. Dunque, i dipendenti pubblici devono rispondere ai massimi criteri di efficienza. Senza una valutazione quantitativa e qualitativa della produttività, nessun aumento contrattuale. Questo significa che occorre trasformare completamente l'organizzazione della pubblica amministrazione. La catena di responsabilità dal più alto all'ultimo dei dirigenti dev'essere ben definita. Ciascuno responsabile dell'efficienza del suo settore e ciascuno libero di licenziare e passibile di essere licenziato.

Senza complessi, come ci ha suggerito giorni fa Vecellio, dire che c'è bisogno di più America: «Per ricominciare a crescere occorrono regole diverse, non più denaro pubblico. Ma le regole si cambiano solo se si ha il coraggio di abbandonare il mito della concertazione: non c’è nulla da concertare con chi gode di privilegi a danno della maggioranza dei cittadini» (Alesina, Giavazzi). Il libero mercato è il nostro unico ossigeno, va amato, non mal sopportato.

4 comments:

Azimut72 said...

D'accordo ma....

Queste riforme non possono venire dall'alto.

Bisogna sporcarsi le mani per farle...senza se e senza ma....

Secondo me, la prima cosa da fare è creare una lobby...esattamente come i sindacati. Non credo che la via politica sia la strada migliore...e comunque arriverebbe in una fase successiva.

Anonymous said...

E tu Jim credi davvero che queste proposte verranno sostenute dal tavolo dei volenterosi?
Con qualche possibilità di successo?

Ma torna coi piedi per terra, per favore!

In questa contingenza storica l'unica chance è Berlusconi, ancora una volta e nonostante tutto. Perchè mica vorremmo rimetterci nelle mani di un Casini-Rutelli filovaticani, vero?
Diamo un'altra chance al Berluska... non c'è altro da fare e mostriamogli chiaramente che ora deve essere LIBERALE al 100% e non dar più retta ai logoranti UDC, AN e Lega.
Stavolta diamogli il 50+1% dei voti tutti alla sua FI!

Anonymous said...

In questa contingenza storica l'unica chance è Berlusconi, ancora una volta e nonostante tutto. Perchè mica vorremmo rimetterci nelle mani di un Casini-Rutelli filovaticani, vero? Diamo un'altra chance al Berluska... non c'è altro da fare e mostriamogli chiaramente che ora deve essere LIBERALE al 100% e non dar più retta ai logoranti UDC, AN e Lega. Stavolta diamogli il 50+1% dei voti tutti alla sua FI!

Anonymous said...

Ehm...io religiosamente parlando sarei un filovaticano, ma comunque l'Anonimo ha perfettamente ragione. Il tavolo dei volenterosi non ha la minima possibilità di successo non fosse altro perché non ci sono nel parlamento italiano un 50% e nemmeno un 40% e forse neanche un 30% di liberali doc. Scusi la franchezza, ma se fosse solo una questione d'intelligenza, anche un idiota capirebbe che per sbloccare la situazione italiana c'è una sola soluzione:
1) Vittoria politica del centrodestra (sotto la guida di Berlusconi: altri non ne vedo all'orizzonte per il momento)
2) Creazione di una massa critica di liberisti numericamente significativa e compatta nell'azione politica - militante - all'interno del centrodestra, che, prefiggendosi un obiettivo ben preciso, sappia perciò tatticamente accantonare dannose diatribe su altri temi della vita politica (pacs, ecc.)
Io ho sempre riconosciuto in voi radicali un residuo di giacobinismo: venite nel centrodestra e sfruttatelo a fin di bene.
In caso di esito felice potremmo festeggiare con una terapeutica scazzottatura da western all'italiana tra clericali e libertini.