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Monday, October 09, 2006

Americans for Tax Reform in Italia

Non si riesce a contenere la spesa pubblica se prima non si toglie alla politica la possibilità di aumentare le imposte. Capezzone: abbiamo bisogno del messaggio, della direzione strategica di Norquist

Americans for Tax Reform è un gruppo di diverse associazioni di contribuenti, fondato nel 1985 durante la presidenza Reagan, il cui scopo è chiedere a tutti i politici che vogliono impegnarsi per una carica pubblica di firmare un impegno a non aumentare le tasse nel caso in cui vengano eletti. Oggi negli Usa 233 membri della Camera su 435, e 46 senatori su 100, hanno sottoscritto e mantenuto l'impegno.

Vogliamo togliere dall'agenda politica l'ipotesi di aumentare le tasse, ha spiegato Grover Norquist in una conferenza stampa alla Camera insieme ad Alberto Mingardi (IBL) e Daniele Capezzone, perché solo togliendo ai parlamentari la possibilità di aumentare le tasse, e ottenere consenso aumentando la spesa, si pongono «le precondizioni per una ristrutturazione e un contenimento della spesa pubblica: non si riesce a contenere la spesa pubblica se prima non si toglie alla politica la possibilità di aumentare le imposte».

Negli ultimi 40 anni gli Stati Uniti hanno appreso una «lezione importante»: abbassando le aliquote si ha una crescita maggiore, più occupazione, e riduzione del deficit. Norquist ha ripercorso in grandi linee la politica fiscale degli ultimi 40 anni: negli anni '60 l'aliquota massima è passata dal 90 al 70%, e gli Stati Uniti hanno vissuto anni di grande crescita; Nixon ha aumentato le imposte e ha causato la grande stagnazione degli anni '70; Reagan ha portato l'aliquota massima prima dal 70 al 50%, poi dal 50 al 28%, e si è avuta la «straordinaria crescita» degli anni '80. Da quel periodo gli Stati Uniti continuano a crescere più di quanto faccia l'Europa. L'amministrazione Bush ha avuto molti problemi, ma va detto che ha continuato a tagliare le imposte assicurando la crescita.

Il debito pubblico è diminuito non perché sia stata tagliata la spesa, anche se sarebbe auspicabile, ma perché sono aumentate le entrate grazie alla maggiore crescita.

«I politici vogliono esempi, non teoria», ha spiegato Norquist, ricordando che il trend di tagli alle aliquote è cominciato perché la California aveva votato una grande riduzione di imposte e nel contempo adottato una modifica costituzionale per la quale ci sarebbe stato bisogno di una maggioranza di 2/3 per riaumentarle. I politici a Washington hanno visto che funzionava e che i loro colleghi californiani godevano di grande popolarità e venivano rieletti.

Oggi molti paesi dell'ex blocco orientale scelgono la flat tax. Gli Usa stanno guardando a Irlanda, Estonia, Slovacchia e Repubblica Ceca, perché se continueranno a tagliare le tasse e ad attrarre investimenti dovremo seguire il loro esempio, ha osservato Norquist, che monitorando la mobilità nei 50 Stati americani si è accorto che negli Stati in cui le imposte sono più basse la gente arriva, mentre da quelli dove il peso fiscale è maggiore la gente scappa.

Dire di "no" a possibili aumenti fiscali, ha concluso, ha anche un valore politico. Aumentare le tasse è «l'alternativa standard a qualsiasi autentica riforma del sistema politico». Lo Stato tende a svilupparsi sommando nuove funzioni e programmi a quelli che aveva. Quando le cose cominciano a «impilarsi» c'è un «corto circuito». A quel punto l’alternativa è tra riorganizzare e aumentare le tasse per continuare a svolgere le stesse funzioni. L'esperienza insegna che le uniche riforme sono state possibili solo quando è stata tolta al ceto politico la possibilità di aumentare le tasse.

«Abbiamo bisogno di quel messaggio, di quella direzione strategica», ha commentato Daniele Capezzone, presidente della Commissione Attività produttive della Camera, sottolineando come alla politica italiana, «dominata da risse e polemiche», Norquist può dare «una linea strategica sul tema delle tasse, sul rapporto tra tasse e opinione pubblica, e tra tasse e crescita economica». Negli Usa un numero crescente di individui anche del ceto medio comincia a investire sul mercato finanziario e desidera che questa scelta non sia punita dal punto di vista fiscale.

«Su molti temi - ha osservato Capezzone - lo spartiacque non è fra destra e sinistra, ma tra chi preserva e chi colpisce la sfera delle libertà individuali». Importante è il «metodo», «l'impegno dei politici a non fare alcune cose». Viceversa, ha concluso Capezzone, in Italia ci troviamo con una Finanziaria centrata sulle entrate a fronte di un Dpef con cui il Governo si era impegnato con il Parlamento a tagliare la spesa.

1 comment:

Anonymous said...

ho già fatto il panegirico dell'italiano medio, quindi non mi ripeto. con quello, però, con il panegirico di prima, non volevo dire che non dobbiamo essere chiusi all'importazione di buone idee.

traendo spunto dall'attualità, dunque, riferendomi alla brillante idea di capezzone, parafrasando ennio flaiano prima e vasco rossi dopo ( perdonatemi l'arduo accostamento ), potrei commentare così...oggi il cretino è pieno di idee...e...non siamo mica gli americani.

talché, qualcuno vada a spiegare a capezzone...o a quel che ne resta, che negli stati uniti - qualora anche esistessero - nessun "liberale" avrebbe rapporti promiscui con i comunisti e suoi derivati e/ surrogati.

e credo che sarebbe così a prescindere dalle "ideologie"...è proprio una questione di indirizzo politico e governabilità.

lo stato leviatano, in america, fa paura a tutti, mica sono veramente scemi come qualche rozzo commentaore cerca di dipingerli sempre, gli amerikani dico...ora, capisco i rigurgiti di stampo liberale cha capezzone patisce ma io credo che non sia più credibile, nonostante la buona volontà che pur traspare da questa sua operazione di volontariato.

lodevole...un dubbio però mi assale...non è che capezzone ed il suo tavolo ce li ritroviamo tra gli enti del 4x1000???

tax freeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!


ciao.


io ero tzunami...