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Monday, October 09, 2006

La difficile transizione della Russia... verso l'autoritarismo

Anna PolitkovskajaAssassinio di una patriota. La coscienza sporca dell'Occidente: come al solito il realismo politico ci si ritorcerà contro e scopriremo che fu solo autolesionismo

La classica cronaca di una morte annunciata. Aveva già subito un tentativo di avvelenamento, varie minacce e avvertimenti. Spesso in queste circostanze la notorietà ti salva la vita, ma così non è stato per Anna Politkovskaja, giornalista scomoda dell'ormai unico organo indipendente russo, Novaya Gazeta. Implacabile critica della politica russa in Cecenia, dei metodi disumani dell'esercito e del Governo filo-russo di Kadyrov, denunciava con coraggio l'involuzione autoritaria della "nuova" Russia di Putin.

Insomma, ciò che più inquieta di questo assassinio è la spregiudicatezza dei suoi autori. I mandanti non si sono fatti scrupolo di eliminare una personalità conosciuta, in patria e all'estero, come icona della dissidenza e dell'ormai ridottissimo spazio di libertà d'espressione rimasto in Russia, incuranti delle possibili reazioni internazionali, tanto meno dell'opinione pubblica russa. E' un segno della solidità acquisita dal potere putiniano, una dimostrazione di forza del Cremlino, che infatti paga a buon mercato la responsabilità diretta, o indiretta, di questo omicidio, cavandosela con le flebili voci dell'Occidente, compresa quella, dobbiamo dirlo, degli Stati Uniti.

Il dipartimento di Stato ha denunciato «l'intimidazione e l'assassinio di giornalisti» e chiesto a Mosca di avviare «immediatamente un'indagine completa» su autori e mandanti dell'omicidio. La stessa richiesta è arrivata dall'Unione europea, che in una nota della presidenza finlandese ha espresso «profondo rammarico», chiedendo un'indagine su questo «crimine ignobile». Il rammarico non basta. Nei confronti di una "nuova" Russia occorre una politica nuova.

Finora Putin si è espresso solo rendendo noto il passaggio di una conversazione telefonica avuta con Bush nel quale ha assicurato «tutti gli sforzi necessari per un'inchiesta obiettiva». Non è chiaro come interpretare il lungo silenzio del Cremlino: se come segno di imbarazzo per un atto non richiesto, ma alla fine comodo e persino utile; o come impermeabilità di un potere sicuro di sé a tal punto da non venire scalfito da gravi sospetti che ogni governo avrebbe avuto tutto l'interesse ad allontanare da sé.

Dietro l'assassinio c'è probabilmente Ramzan Kadyrov, governatore che in Cecenia utilizza metodi terroristici contro l'indipendentismo ceceno e il terrorismo islamista. Anna stava completando una nuova inchiesta proprio su questa deriva barbarica ed era giunta alla conclusione che Kadyrov la volesse morta. Ma non v'è dubbio che Kadyrov abbia conquistato il potere grazie all'appoggio decisivo di Mosca e che il Cremlino approvasse i suoi metodi.

«Oggi è una tragica giornata per la Russia, per noi, per i ceceni e molto probabilmente una buona giornata per Putin; che la Francia ha decorato con la Gran Croce della legion d'onore». E' il grido di denuncia di André Glucksmann.

Anna era una patriota, una patriota russa nella migliore accezione del termine, «sentiva di avere una missione: salvare l'onore della Russia. Quale onore? Non era certo una nazionalista, amava semmai la grande cultura russa, i suoi poeti e scrittori. Per questo rischiava la vita e sapeva che rischiava la vita», pronta a riscattare con il suo sacrifico l'onore perduto della sua patria. Non era anti-russa, accusa che le veniva rivolta dagli sgherri del regime, non odiava il suo paese, ma provava vergogna per le scelte di una classe dirigente che ne provocava l'imbarbarimento, come qualcuno, nel 1938, finalmente provò vergogna per le leggi razziali introdotte dal fascismo.

Glucksmann racconta di quando Anna gli parlò di alcune cassette in cui i soldati avevano filmato le brutalità ai danni di 300 prigionieri ceceni. Era certa che avrebbero sollevato un enorme scandalo, in Russia e in Occidente, come era avvenuto per Abu Ghraib. E invece il silenzio, l'indifferenza. Questa è la tremenda responsabilità che portano l'Europa e l'Occidente, i main stream media e il mondo della politica, sempre pronti a puntare l'indice contro i tragici errori, ma pur sempre errori, americani o israeliani, ma indifferenti ai massacri laddove sono sistema e crimine.

Anna era un «moscerino nell'occhio della nuova Russia di Putin», dice al Corriere Adriano Sofri: «Ma si sa la fine che fanno quegli insetti: schiacciati». Tutti i governi europei, inclusi i nostri passati e presenti, sottolinea Sofri, «applicano alla Russia la categoria del realismo politico. Putin è osannato in Francia come in Germania come altrove. È sotto gli occhi di tutti il fatto che la Russia sia la brutta caricatura di uno Stato totalitario e dispotico, con il 75 per cento di ex funzionari del Kgb al vertice degli apparati. Ma il realismo induce tutti a dire che in Russia c'è la democrazia», o almeno una «difficile e tortuosa» transizione democratica. Ebbene, come altre volte in passato, questo realismo politico ci si ritorcerà contro e scopriremo che fu solo autolesionismo.

La morte annunciata della Politikovskaja è soltanto l'ultimo crimine contro la libertà di stampa commesso negli ultimi anni nell'ex Unione Sovietica. E ricorda Antonio Russo, l'inviato di Radio Radicale assassinato in Georgia nel 2000, per il quale il Governo italiano non ha ancora chiesto giustizia, mentre la magistratura preferisce perseguire i rapitori del fantomatico Abu Omar.

Riguardo l'atteggiamento dell'Europa verso la Russia, un'osservazione acuta è quella di Andrea Romano, su La Stampa, che denuncia «i due pesi e le due misure che l'Europa sta adottando nel caso della Turchia e in quello della Russia».
«Da una parte si moltiplicano le cautele nei confronti della politica di Ankara verso la minoranza curda e i dubbi sulla solidità del suo sistema di diritti e libertà, proprio mentre più forte sarebbe il bisogno di incoraggiare la prospettiva europea dell'unica democrazia visibile nel mondo islamico. Dall'altra ci si mostra arrendevoli nei confronti di un regime, come quello di Putin, che non esita a neutralizzare con la violenza la dissidenza politica e giornalistica ma dal quale dipendono in larga misura i nostri approvvigionamenti di energia».
Tra i blog qualcuno addirittura si sarebbe preso «personalmente la briga di toglierla di mezzo» (nei commenti), ma non sono che rigurgiti di ignoranza che definire fascisti sarebbe in qualche modo irriguardoso rispetto a una storia tragica ma pur sempre grande. Per qualcun altro forse la Politkovskaja era il problema, come il problema della Georgia è Saakashivili.

Invece, il problema è la nuova Russia di Putin. Il problema non è quanto sia «tortuosa» la via verso la democrazia. Certamente lo è. Il problema è la democrazia (che manca) in Russia, e che occorre avere occhi (e testa) per vedere quando la direzione intrapresa è quella opposta. Ma forse per capirlo bisognerebbe leggere meno comunicati del Cremlino.

Quella russa è senz'altro una transizione, ma bisogna capire bene verso cosa. Non solo gli omicidi politici, anche le riforme dell'ordinamento politico-istituzionale volte alla concentrazione del potere nelle mani dell'esecutivo, la repressione della libertà di stampa e il controllo sui media, le misure di nazionalizzazione, sono tutti sintomi palesi del fatto che la transizione è stata chiaramente e bruscamente invertita di segno: non più verso la democrazia, ma verso un regime autoritario e pericolosamente nazionalista.

Per replicare a un certo tipo di ragionamenti («Un Putin solidissimo nel suo potere dovrebbe commettere un omicidio da mafioso per zittire una giornalista? Ma siamo seri...») prendiamo in prestito le parole di Marco Masi, autore del blog CeceniaSos:
«Che vantaggio ne trarrebbe nel farsi questa pubblicità negativa? La comunità internazionale reagirebbe male, no? Ci perde di più di quello che ha da guadagnarci, no? Ma non era la stessa cosa che si disse per il caso Yukos? "A Putin non conviene far saltare contratti miliardari con i partner esteri". Non ci dicevano che non avrebbe mai chiuso i rubinetti del gas a nessuno, perché "altrimenti la Russia perderebbe credibilità sul mercato internazionale"? (e infatti...) Lo stesso commento che si fece quando chiuse la bocca alle TV ed ai giornali indipendenti: "una involuzione autoritaria in Russia potrebbe creargli problemi nelle relazioni con l'occidente, non lo farà, è solo un'azione dimostrativa." Lo stesso ragionamento che negò come potesse essere stato Putin ad ordinare l'uso del gas nel teatro di Mosca, e delle forze speciali che uccisero il 90% degli ostaggi a Beslan: "Non può avere autorizzato una mostruosità del genere, si farebbe solo pubblicità negativa, a che pro?" E che dire dell'altra giornalista, Elena Tregubova, che qualche anno fa scrisse un libro critico su Putin e si ritrovò con la porta di casa sventrata da una bomba? Oppure, per rimanere a casa nostra, parole simili si udirono quando venne ucciso Antonio Russo (stessa procedura del pc volatilizzato): "Nessuna prova, sarà stato ucciso da 'banditi'. La Russia ha interesse nel mantenere buoni rapporti con l'Italia"»
Grazie ancora a CeceniaSos scopriamo preziosi documenti, come l'agghiacciante articolo «Avvelenata da Putin». Qui l'ultima intervista (pubblicata da La Stampa) e le ultime denunce (dal Corriere) della Politkovskaja. Al 2002, invece, risale questa intervista ai microfoni di Radio Radicale.

5 comments:

Anonymous said...

"Per qualcun altro forse la Politkovskaja era il problema, come il problema della Georgia è Saakashivili".

Vorrei precisare che il fatto che per me la Politkovskaia fosse un problema te lo sei inventato di sana pianta. Ci hai messo un forse, ma la tua interpretazione é scorretta e strumentale.

Riguardo a Saakashvili ribadisco il concetto: senza di lui la Georgia sarebbe piú avanti, anche in fatto di democrazia. Vatti a leggere non la stampa putianiana, ma qualche rapporto di amnesty, hrw o iwpr. poi possiamo discutere.

JimMomo said...

Precisazione benvenuta e utile.

Volevo infatti capire fino a che punto secondo te quando si parla di Russia i problemi stanno altrove e mai al Cremlino.
;-)

ciao

Anonymous said...

i problemi stanno da tutte le parti, cremlino INCLUSO. forse si sbaglia chi crede che siano solo lí..

JimMomo said...

Può darsi. Tuttavia, seriamente, ciò che mi sembra più urgente riconoscere è che quella russa non è più una transizione "tortuosa" verso la democrazia. Ha cambiato segno.

ciao

Anonymous said...

uhmm...se non ricordo male, l'inciucio eurorussoamericangeorgiano affonda le sue radici nell'epopea clintoniana, avida di capienti oleodotti.

certo, dalla protostoria all'invasione mongola, la sorte non è stata benevola con la georgia, tanto da patire infine pure le feroci repressioni da parte di tutte le russie...oggi tocca a quella metacapitalista di stampo putinista; tocca inoltre agli americani che dal 09/11/1989, caduta l'ultima pietra del famigerato muro, a mio avviso non sempre a torto si sono infilati in qualsiasi diatriba "locale" atta a minare l'influenza regionale della russia...e un poco poco tocca pure alla cina ed all'iran...che il mutamento delle rotte petrolifere non lo gradiscono proprio...

quanto all'europa, oh, per la tapina nessuna stradegia, nemmeno così maligna come quella dei perfidi amerikani o del satrapo kaghebeista: solo necessità di materie prime, pena il tracollo. non che non ci sia lo zampino di qualche illuminato europeo...forse, sotto mentite spoglie...qualche dirigente eni magari...o della compagnia francese che ora non ricordo come si chiama, la total credo...dico solo che l'europa è lo sciacallo della situazione.

noto comunque, che sparare su putin è giocoforza ed abbastanza facile, visto il suo "curioso" passato...ma le iene insegnano, scava scava e nel fondo del barile di ciascuno...oltre al petrolio chissà gli scheletri.

da fumatore e non.

ora, io non sono un caucasologo complottista, non è nella mia natura...io li odio i caucasologhi complottisti dell'illinois... ma in quella zona credo ci sia una babele di interessi tali che veramente ciascuno dei presnti, per qualsiasi motivo si trovi ad interagire con quella regione del mondo, ritengo si trovi in una situazione di pericolo attuale e certo.

chi tocca i fili muore. anna docet.

sono addolorato ed inorridito per il suo barbaro assassinio, tutte le barbarie dell'uomo mi fanno schifo.

e come voi mi chiedo...ma la giornalista più odiata non solo dal cremlino ma pure da washington, pechino, tehran, parigi, perfino roma e via via tutte le maggiori capitali del mondo...era veramente un problema?

sì, per tutti.

non conosco i dettagli ma mi sembra di aver capito che le sue inchieste parlavano di certi giri di valzer, con ballerini di ogni razza e costume...saakashivili e putin non erano mica le sole incaute verginelle?!?!

bah, buona democrazia a tutti.

ciao.


io ero tzunami...