Su L'Opinione di oggi, prima pagina.
Caro direttore, l'irritazione con la quale Lucia Annunziata ha reagito alle impudenze del "ricco" Briatore ci insegna che in tema di tasse, per il bene del nostro Paese, dobbiamo abbandonare ogni complesso, cominciare a smontare luoghi comuni sui quali non si esercita più, da decenni, alcuno spirito critico. Nessuno, per esempio, trova alcunché da obiettare all'affermazione, udita di recente persino dal ministro Padoa Schioppa in Parlamento, secondo cui un evasore fiscale non è che un "ladro", uno che toglie soldi dalle tasche della sua comunità.
Un'affermazione che appare così ovvia in quanto ormai è radicata nella nostra cultura politica una certa concezione che tende a identificare lo Stato con la comunità. Ma lo Stato non è la comunità. A rigor di logica è lo Stato, non l'evasore fiscale, a prelevare ricchezza dalla comunità nella quale essa viene prodotta. Se ne impossessa per restituirla, certo, sotto forma di servizi, ma teoricamente gli evasori fiscali non rubano nulla, trattengono ciò che hanno legittimamente guadagnato.
Lo Stato, dovremmo riabituarci a quest'idea, non è "la Comunità". E' nella migliore delle ipotesi una persona giuridica cui i membri di una comunità cedono poteri e risorse per averne in cambio maggiori libertà e i servizi strettamente necessari; nella peggiore, e più in concreto, lo Stato risponde ai nomi e ai cognomi di un gruppo di persone che tende strutturalmente all'autoconservazione, all'espansione dei propri poteri e alla tutela dei propri interessi.
Consapevoli di tutto ciò, un altro recinto sacro andrebbe violato. Per assestare un vero colpo alla spesa pubblica, e mutare radicalmente la mentalità del cittadino nel suo rapporto con il fisco, dovrebbe essere abolito il sostituto d'imposta, come da anni ripete Marco Pannella.
Far cessare la discriminazione tuttora vigente tra il contribuente-lavoratore autonomo e il contribuente-lavoratore dipendente avrebbe un duplice effetto. Da una parte quello di "affamare la bestia", cioè lo Stato si vedrebbe costretto a ridurre le spese non potendo più fare automatico affidamento su una somma certa di entrate nelle sue casse (oggi il 60% circa); dall'altra, anche i lavoratori dipendenti avrebbero la netta percezione, nelle loro tasche, di quanto lo Stato e i servizi che offre costino, rendendoli più consapevoli della necessità di ridurre e riformare la spesa pubblica.
2 comments:
Inappuntabile. Adesso che i socialistisi apprestano ad incassare i loro trenta denari, quanto ci vorr'a prima che i radicali realizzino che stanno dalla parte sbagliata?
bello, in effetti tradizionalmente ci sono due scuole di pensiero filsofiche, gli aristotelici, per cui la politica e i filosofi che da hegel in poi hanno contrapposto stato e società civile.
ma dalla nascita dello stato nazione non si può certo dire che il paradigma aristotelico ha senso.
Può andare bene per una città stato, non per una "comunità" di 50 milioni di persone.
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