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Thursday, October 19, 2006

Ratzinger: la cultura illuminista ostacola il dialogo con l'islam

Papa Benedetto XVI interviene al convegno di VeronaLa difficoltà del dialogo tra le religioni non è colpa dei passi falsi di un teologo bavarese, o delle reazioni violente dei jihadisti, ma della nostra cultura illuminista. In questo il Papa vede bene ma...

Al convegno ecclesiale di Verona è il gran giorno di Papa Ratzinger, che non delude le attese, toccando nel suo discorso tutti i punti a lui più cari senza molte sorprese di rilievo. Chiarisce che la Chiesa «non intende» fare politica in prima persona, ma che «ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia» e vuole offrire «il suo contributo specifico» affinché, appunto, «ciò che è giusto possa essere efficacemente riconosciuto e poi anche realizzato».

Era impensabile che il Papa potesse dire il contrario, cioè che la Chiesa ambisce a governare in prima persona la società. La Chiesa, come ogni altro corpo intermedio, è certo libera di offrire il suo «contributo specifico» alla società. Esiste però un problema "istituzionale". A una massima libertà d'espressione e d'"ingerenza" politica, persino con la partecipazione attiva del clero, non dovrebbero corrispondere privilegi concordatari, 8 per mille (per somme da far impallidire i finanziamenti pubblici di partiti e sindacati) e l'entità statuale del Vaticano.

Sciolta questa contraddizione, la Chiesa cattolica, come attore anche politico nella società, al pari degli altri si porrebbe sul libero mercato delle opzioni politiche, esposta naturalmente alle critiche dei liberali per la sua concezione etica dello stato e del diritto.

Comunque, Ratzinger spiega che se «il compito immediato di agire in ambito politico per costruire un giusto ordine nella società» non spetta alla Chiesa come tale, spetta tuttavia ai «fedeli laici italiani», naturalmente «illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa...».

Se giorni fa il Cardinale Tettamanzi aveva palesemente ed elegantemente respinto lo strumentale interesse degli atei devoti [«Non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede sino alla fine. È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo»] - tanto che Ferrara, sentendosi chiamato in causa, ha pensato di rispondere al Cardinale con una lettera aperta su Il Foglio - il Papa comunque dimostra, in questo, un approccio non diverso da Tettamanzi. Specifica infatti, che di «costruire un giusto ordine nella società» agendo in ambito politico dovranno occuparsi i «fedeli laici», «illuminati dalla fede e dal magistero della Chiesa», ma appunto dalla fede.

Sembra confermata, insomma, la lettura che dava qualche giorno fa Massimo Franco, sul Corriere:
«L'obiettivo è quello di ribadire il "no" a qualsiasi tentativo partitico di parlare a nome della Cei; di riaffermare con nettezza che non esistono schieramenti di riferimento; e di avere truppe e interlocutori in entrambi... si intravede la diffidenza nei confronti di un sistema politico che tende ad usare in modo strumentale le prese di posizione delle gerarchie cattoliche, per poi lasciarle cadere. E fa capolino la paura di non riuscire a farsi capire; di oscillare fra un'immagine di oscurantismo, ingerenza e irrilevanza...»
Il Papa non manca di ribadire la sua missione di contrastare la «cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita». Una «nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile», e che «sul piano della prassi» erige «la libertà individuale a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare». Curioso: la "dittatura" della libertà individuale. Eppure sembra ovvio che se la libertà individuale è il valore fondamentale, nel suo esercizio ciascuno resta libero di credere qualsiasi Dio e di sottomettersi a qualsiasi autorità religiosa. Ma forse il Papa teme proprio che esercitando questa libertà di scelta l'opzione di obbedire al magistero della Chiesa cattolica raccolga poche adesioni.

Da notare, nel discorso odierno, che Ratzinger rimprovera alla cultura dominante - fatta di relativismo, laicismo, "dittatura" della libertà individuale, utilitarismo - di rappresentare «un taglio radicale e profondo» non sono solo con il cristianesimo, ma anche con le altre «tradizioni religiose e morali dell'umanità», con le quali, poiché in esse «la dimensione religiosa è fortemente presente», non si riesce a «instaurare un vero dialogo».

La difficoltà del dialogo tra le religioni non è colpa dei passi falsi di un teologo bavarese, o delle reazioni violente dei jihadisti, ma della nostra cultura illuminista. In questo il Papa vede bene: altre culture e tradizioni più intrise di «dimensione religiosa» - anche se io direi fondamentalismo - si mostrano ostili nei nostri confronti proprio per il nostro modo di vivere basato sulla libertà individuale, sul capitalismo e sull'edonismo.

Il punto è capire se vogliamo che loro assomiglino un po' più a noi, o se ciò che ci propone il Papa è di assomigliare noi un po' più a loro.

Infine, gli immancabili valori «non negoziabili». "No" a quelle che chiama «forme deboli e deviate di amore» e alle «contraffazioni della libertà». Di fronte al «rischio» di leggi e scelte che contraddicano i «principi antropologici ed etici», ha chiesto ai politici [ma non si era detto di non essere «agente politico»?] di non introdurre «nell'ordinamento pubblico altre forme di unione che contribuirebbero a destabilizzare» la famiglia tradizionale e ha raccomandato la «tutela della vita umana in tutte le sue fasi, dal concepimento alla morte naturale».

8 comments:

Anonymous said...

Alla faccia della strumentalizzazione. Caro momo, saresti un bravissimo jihadista.
Ti faccio notare che il convegno ecclesiastico di Verona è, appunto, ecclesiastico. Cioè per i credenti in principal luogo.
Che vuoi che debba dire il Papa ai cristiani in quanto credenti?
Mah!

Anonymous said...

non ho capito perchè continui a confondere illuminismo e liberalismo.

illuminismo= hobbes, rosseau, marx locke, mill...

liberalismo= san Tommaso, Locke, mill, Hayek...

sono due insiemi avulsi l'uno dall'altro, puoi far parte di nessuno dei due (hitler) di tutti e due (locke) di uno solo dei due (san Tommaso, Hobbes)

Anonymous said...

jimmo, (...) vedo pero' che anche il tuo "titolista" ha qualche problema a riassumere correttamente le notizie... :-P

dice bene windrosehotel: "...le questioni fede/ragione e religione/politica stanno tirando da matti in questi mesi, grazie naturalmente al (o per colpa del) papa filosofo.

Purtroppo, però, sono argomenti che poco si prestano sia alle sintesi giornalistiche sia ai dibattiti blogosferici..."

gino.splinder.com

JimMomo said...

Certo, per forza di cose il mio titolo non poteva essere un virgolettato, ma "giornalistico", però è esattamente quel che il papa ha detto.

"la cultura illuminista ostacola il dialogo con l'islam", così ho sintetizzato il senso di questo passaggio:

"L'Italia di oggi si presenta a noi come un terreno profondamente bisognoso e al contempo molto favorevole per una tale testimonianza. Profondamente bisognoso, perché partecipa di quella cultura che predomina in Occidente e che vorrebbe porsi come universale e autosufficiente, generando un nuovo costume di vita. Ne deriva una nuova ondata di illuminismo e di laicismo, per la quale sarebbe razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile, mentre sul piano della prassi la libertà individuale viene eretta a valore fondamentale al quale tutti gli altri dovrebbero sottostare. Così Dio rimane escluso... [eccetera eccetera] Nella medesima linea, l'etica viene ricondotta entro i confini del relativismo e dell'utilitarismo, con l'esclusione di ogni principio morale che sia valido e vincolante per se stesso. Non è difficile vedere come questo tipo di cultura rappresenti un taglio radicale e profondo non solo con il cristianesimo ma più in generale con le tradizioni
religiose e morali dell'umanità: non sia quindi in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente..."

E' chiaro a cosa si riferisse il papa con "altre culture e tradizioni in cui la dimensione religiosa è forte" (non solo l'islam, ma soprattutto). E io per altro concordo. Non solo la cultura illuminista, tutto ciò che siamo disturba gli integralisti. Il problema è la soluzione che si propone: se vogliamo che loro assomiglino un po' più a noi, o se, come sembra suggerire il Papa, noi di assomigliassimo un po' più a loro.

Che solo i chierici di alcune materie abbiano gli strumenti per discuterne mi sembra un appproccio alla conoscenza e all'informazione profondamente autoritario. Anche la politica estera e l'economia sono materie molto complesse che non si prestano a essere trattate sui blog, eppure...

Forse giusto i 2twins sarebbero d'accordo...

Anonymous said...

Beh, se guardi bene, la dimensione religiosa è forte in tutte le culture, a parte quella occidentale (e in particolare in Europa). Siamo noi l'eccezione che conferma la regola.
Chiaro che negli ultimi anni i fondamentalisti islamici hanno attratto molto l'attenzione su di se', ma se pensiamo all'India, il fondamentalismo indu non e' da meno.
Ora, se con i fondamentalisti e' "arduo" dialogare, non sono tutti fanatici in quelle culture. E con le persone piu' ragionevoli si puo' parlare (senza ingenuita').
Ma se tu parti dal presupposto che e' "razionalmente valido soltanto ciò che è sperimentabile e calcolabile" allora escludi immediatamente ogni possibilita' di confronto con tutte le culture del mondo, a parte il laicismo anti-religioso occidentale.
Questo mi pare il succo...

Chi l'ha detto che "solo i chierici di alcune materie abbiano gli strumenti per discuterne"?
Windrose diceva - mi pare - che sarebbe utile leggere e documentarsi bene prima di discuterne (questo puo' farlo chiunque), ma che certi argomenti molto complessi sono comunque di difficile sintesi e che i blog per la loro natura non aiutano a sviscerarli bene (magari un forum classico sarebbe meglio, per esempio).
Questo vale anche per economia e politica estera.
Infatti sui blog si leggono un mucchio di cavolate anche in quei campi. ;-)

(se non fossi cosi' pigro, ricopierei questo scambio di commenti nel tuo blog... se vuoi farlo tu...)

gino.splinder.com

Anonymous said...

Faccio mia una provocazione di Oggettivista: siamo l'eccezione e dovremmo andarne fieri. Chiediamoci se la secolarizzazione della societa' non abbia concorso a causare lo straordinario sviluppo che l'Europa ha vissuto, o perlomeno a renderlo sostenibile.

Inoltre, mi pare che Ratzinger abbia commesso un errore tipico degli inytellettuali eurpoei continentali, quello di confondere l'Illuminismo, in toto, con la sua degenerazione giacobina. Si può concordare riguardo ai danni compiuti da questa nuova pseudoreligione, tracimata nel nel bolscevismo; si puo' discutere di quanto socialismo e postmodernismo abbiano minato le basi dell'Occidente, religiose in senso stretto od etiche, morali ed intellettuali in senso lato, ma mi sembra molto discutibile ed alquanto contraddittorio accusare i non credenti di svilire la religione per il comportamento di alcuni religiosi e poi ridursi a gettare il bambino della civiltà europea e della sua cultura scientifica insieme all'acqua sporca delle sue degenerazioni.

Il confronto fra individui appartenenti a culture differenti, poi, si compie su diversi piani. Quello che dovrebbe essere maggiormente neutro e' proprio quello scientifico: ribaltare il tavolo soltanto perché gli esperimenti ed i calcoli che si erano accettati per dirimere una questione ci sono andati a sfavore mi sembra infantile. Soprattutto quando tale questione, a guardarla bene, poco incide sugli articoli di fede.

Sul piano culturale in senso lato, il discorso del Papa mi sembra quasi bordeggiare verso un pericoloso relativismo postmoderno, nel suo sostenere che la comunicazione non possa avvenire su basi oggettive o concordate raizonalemnte, più o meno soggette a verifica, ma invece sia legata non solo alla comprensione, ma ad una comunanza che scade quasi nell'assorbimento nel sistema di valori dell'interlocutore.

Mmh quais quasi ne faccio un post sul serio.. però e' inutile, senza due commentatori bravi :-)

the-mote-in-gods-eye.blogspot.com

JimMomo said...

"mi pare che Ratzinger abbia commesso un errore tipico degli intellettuali europei continentali, quello di confondere l'Illuminismo, in toto, con la sua degenerazione giacobina".

Errore? Sei sicuro che non si tratti di una "confusione" di comodo?

Anonymous said...

GLI EDITORIALI DI ANTONELLO DE PIERRO

Vergognati, Maurizio!

di Antonello De Pierro

E' un grido di dolore quello che si leva da qualche mese dal mondo della cultura, dopo che la televisione ha catapultato nelle case degli italiani il discusso programma denominato "Grande Fratello", creando un prodotto inconsistente, che è stato immediatamente e incomprensibilmente rapito dalle cronache dei media. E quando parlo di cultura naturalmente mi riferisco a quella con la c maiuscola, quella dei grandi (purtroppo pochi) uomini, quella nella sua accezione più ampia, quella che ha da sempre rifiutato di nutrirsi di surrogati ideologici e di imparare la lezione della buona ipocrisia, tanto amata dai più. Eppure la televisione, che ormai da anni affoga in una programmazione demenziale, diseducativa, ripetitiva e scadente, ci aveva abituati da tempo allo squallore delle telenovelas e della soap opera, incollando ai teleschermi il popolo televisivo delle casalinghe, col grembiule al ventre, che tra un bucato e l'altro, per innaffiare l'arido giardino della solitudine giornaliera, si incantavano e sognavano di fronte ai miti improbabili di "Beatiful" o di "Quando si ama". Si trattava sempre e comunque di artisti che, costretti da esigenze professionali e allettati da ingaggi stratosferici, legavano il proprio nome a produzioni di scarso valore culturale. Con il "Grande Fratello" si è valicato ogni limite di decenza, i colossali interessi economici hanno relegato in soffitta qualsiasi senso di moralità. Un manipolo di ragazzi comuni, messi per cento giorni a colloquio con l'occhio freddo di una telecamera "guardona", sbattuti davanti a pupille spalancate collegate a cervelli altrettanto ristretti, e scaraventati verso una notorietà di cartone non supportata da un'adeguata preparazione professionale. Un business ben congegnato, che ha affondato facilmente le radici in un terreno intriso di sottocultura e ignoranza, atto a spremere come limoni le illusioni di un gruppo di giovani che forse avrebbero potuto intraprendere carriere sicuramente più idonee alle loro attitudini, piuttosto che essere magnificati dai "polli d'allevamento" dell'Italia provinciale che si entusiasma di fronte a tutto ciò che passa sul piccolo schermo, ma essere sottoposti giustamente al mortificante rito dell'irrisione da parte delle vere teste pensanti nazionali. Ed ecco invece i vari Pietro, Salvo, Marina, Cristina, Rocco, Lorenzo, invasati da una droga che si chiama successo, correre con la naturalezza dell'inevitabile, a suon di apparizioni varie, verso un futuro incerto, segnato da suggestioni pseudo-professionali. Di fronte ad una tale situazione non posso avvolgere le mie parole nella carta zuccherata e rinunciare a dissotterrare l'ascia di guerra della polemica. C'è una categoria in Italia fortemente rappresentata, quella degli artisti veri, spinti dal comando imperioso di un'acrobatica passione per lo spettacolo, che annaspa da sempre nell'oceano della precarietà e vive costantemente in bilico sul baratro della disoccupazione. Le scuole di preparazione artistica ne sfornano a centinaia; basta girare i teatri, anche i più piccoli, per scoprire veri talenti, di cui l'Italia non è mai stata avara. E invece ecco apparire improvvisamente sulla scena Marina La Rosa, che ubriacata dalla popolarità riesce ad offendere finanche quei fotografi che da sempre hanno fatto la fortuna dei vip, definendoli "braccia rubate all'agricoltura"; la Sofia nazionale ancora venera i professionisti dei flash a raffica ( comunque c'è da dire che sulla Loren le brume del mito si sono posate davvero). Ma il prodotto più scandaloso si chiama Pietro Taricone, che calzando la sua normale faccia da bullo di paese riesce incredibilmente a vendere la sua presenza a fior di milioni nelle discoteche di provincia e nei suoi sogni lascia ingenuamente galleggiare un futuro alla Kevin Costner: l'importante è crederci, ma purtroppo il risveglio sarà doloroso e disastroso

E' già criticabile l'operazione, che ha messo a nudo il livello di sottocultura di gran parte degli italiani, ma purtroppo per i produttori televisivi, non è facile sacrificare i propri interessi sull'altare della cultura, della moralità e del buonsenso. Ma quando un giornalista di grande spessore, con vocazione da imprenditore, marcia con i cingoli sopra ogni principio etico-professionale, allora
il caso diventa inquietante. Quanta popolarità in meno avrebbero ottenuto i ragazzi "usa e getta" del "Grande Fratello" se non fossero stati foraggiati dall'ala protettiva di Costanzo, che li ha aiutati a continuare la semina dei germi di tutti gli aspetti deteriori dell'odierna società? Probabilmente i valori del grafico di notorietà sarebbero molto più modesti. Caro Maurizio, pesa su di te una forte responsabilità morale, sia nei confronti di quelli che il successo l'hanno cucito sulla propria pelle, strappando l'ago e il filo a rinunce e sacrifici fatti nelle scuole, nei teatri, nelle piazze, e sia nei confronti delle fasce più deboli dell'esercito dei telespettatori. Ho visto un giorno in un mercato un bambino giocare con dei soldatini e chiamarli con i nomi dei protagonisti del grande fratello. Hai sostenuto una trasmissione che, anche se con un ipocrita "bip" celava certe espressioni colorite, non dava comunque molto spazio all'immaginazione per capire, risultando quindi altamente diseducativa, tenuto conto anche della fascia oraria in cui veniva trasmessa. Sono tanti i petali di simpatia persi da te in questa occasione. Infine, colpito da un delirio di onnipotenza hai pensato bene di organizzare una puntata chiamata "Pietro contro tutti" in prima serata, con un Taricone versione re dei "coatti", con canotta strizzamuscoli senza maniche, a troneggiare sul palco del teatro Parioli, ingaggiando un vittorioso "braccio di ferro" a colpi di audience con "La Piovra", pellicola a interesse sociale in onda su Raiuno, mettendo a nudo ancora una volta, se qualcuno avesse avuto qualche ulteriore dubbio, il livello culturale dei telespettatori del "Maurizio Costanzo Show". Un'ennesima conferma di come un grande giornalista abbia potuto bruciare sulla graticola dell'interesse economico, perché audience per te vuol dire sponsor, non dimentichiamolo, la propria credibilità professionale. Del resto in nome dell'audience avevi già rifiutato di ospitare in trasmissione i rappresentanti del "Comitato Vittime del Portuense", perché chiaramente ventisette morti per te non hanno importanza, sono solo una lugubre contabilità di normale amministrazione giornaliera, di fronte al sacro inchino al potere dello sporco Dio denaro, a cui ti sei convertito e sottomesso. Vergogna!