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Friday, April 01, 2005

Il caso Schiavo scatena un dibattito sulle "radici" del GOP

C'è un senatore repubblicano molto preoccupato per la piega che sta prendendo il suo partito. Su molti temi la mera convergenza spontanea tra le posizioni del partito e quelle della destra cristiana si sta traformando nell'adozione sic et simpliciter da parte dei repubblicani dell'agenda politica dei Cristiani conservatori. Si tratta dell'autorevole senatore John C. Danforth e del suo articolo sul New York Times.

L'emendamento costituzionale per bandire matrimoni omosessuali, l'opposizione alla ricerca sulle cellule staminali, lo sforzo straordinario per tenere in vita Terri Schiavo, sono tutte iniziative che rischiano di «trasformare il partito nel braccio politico dei Cristiani conservatori». Invece, «i principi storici del Partito Repubblicano offrono all'America la sua migliore speranza per un futuro prospero e sicuro. La nostra attuale fissazione su un'agenda religiosa ci ha portati nella direzione sbagliata. E' ora per i Repubblicani di riscoprire le proprie radici».

Danforth non contesta ai credenti l'attività politica tesa a influenzare l'agenda dei partiti, né questo attivismo politico è stato prerogativa esclusiva della destra cristiana. Anche i cristiani liberal sono stati politicamente attivi per i diritti dei gay, contro le armi nucleari e la pena di morte. Basti ricordare il movimento per i diritti civili guidato dal reverendo Martin Luther King. In America, «ognuno ha diritto a tentare di orientare i temi politici, a prescindere dalle motivazioni religiose».

Il problema quindi non sorge qualora le persone o le Chiese siano «politicamente attivi». Il problema nasce quando un partito va così oltre «nell'adottare un'agenda di parte» da divenire «l'estensione politica di un movimento religoso», quando un governo diviene il mezzo per veicolare un programma religioso. Ciò chiama in causa il Primo Emendamento, ma non solo. Anche un partito politico dovrebbe evitare «un'identificazione con un movimento religioso».

Il senatore sembra preoccuparsi per le sorti di quell'approccio "fusionista" che ha tenuto insieme le varie anime del movimento conservatore americano con tale successo da consentire ai repubblicani la conquista di due presidenze consecutive e della maggioranza al Congresso. I cittadini americani sanno che qualunque partito al governo ha comunque il compito di preservare l'unità di una nazione dagli orientamenti così diversi. E questo sentimento non si addice con l'appiattimento su un'agenda così «settaria», che rischia semplicemente di riportare i repubblicani in minoranza nel Paese.

Inoltre, ci sono motivi ideali. I repubblicani sono stati «spesso in disaccordo tra loro», ma alcuni principi li accomunano. Credono in un governo limitato nei suoi poteri, in tassazioni e regolamentazioni light, nel libero mercato e nel settore privato, in giudici che interpretano la legge e non la fanno, sono internazionalisti in politica estera, e per una forte difesa nazionale.

A respingere le considerazioni critiche di Danforth è Hugh Hewitt. I cristiani conservatori condividono l'eredità ricordata dal senatore Danforth, ma tengono a un'agenda che cerca di ridurre gli aborti, rafforzare la famiglia, preservare il matrimonio, difendere le scuole dall'egemonia culturale della sinistra. Hewitt definisce «semplicemente arrogante» asserire che questi obiettivi non facciano parte della tradizione storica del partito di Lincoln, che prese piede sulla convinzione morale che la schiavitù fosse sbagliata. «Nel chiedere che la moralità non giochi un ruolo nel partito, è Danforth a sostenere l'abbandono della storia del GOP».

Hewitt torna sulla polemica dalle pagine del Weekly Standard. Danforth procede «senza una definizione di ciò che è la "destra religiosa" e senza argomentare perché la sua agenda risulti meno legittima dell'agenda pro-matrimoni gay, pro-clonazione, pro-aborto, pro-eutanasia», morale anch'essa. La sua posizione, «apparentemente», è quella di non resistere alla realizzazione dell'agenda della sinistra. Teme che sostenendo la causa di un gruppo religioso ci si opponga alla causa di un altro gruppo, ma «ogni conflitto politico - sottolinea Hewitt - è una scelta tra codici morali in competizione». Sebbene Danforth asserisca di non contestare ai credenti l'attività politica, di fatto «incoraggia il Partito Repubblicano a respingere gli sforzi dei credenti a influenzare l'agenda del partito». Argomentare che le cause dei credenti hanno uno status subalterno rispetto a quelle delle «elites religiosamente secolari» sorprenderebbe tutti i "Padri Fondatori" e naturalmente anche Lincoln e Reagan.

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