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Thursday, April 07, 2005

E intanto l'Iraq corre verso il futuro

Mentre il mondo piange la morte del Papa e in Italia in molti la debàcle del centrodestra alle regionali, il nuovo presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, ha prestato giuramento con i suoi due vice, Adel Abdul Mahdi e Ghazi al-Yawar, davanti all'Assemblea nazionale da cui ieri è stato eletto. Come suo primo atto ha incaricato Ibrahim al-Jafari di formare il nuovo governo e ha invitato i sunniti a entrare nel processo politico. A proporre la sua candidatura è stata l'Alleanza degli iracheni uniti, il movimento a maggioranza sciita che ha vinto le elezioni del 30 gennaio scorso.

Se le trattative tra i vari gruppi andranno a buon fine, Jafari dovrebbe essere in grado di presentarsi all'Assemblea per la fiducia entro la fine del mese. Dei quattro dicasteri chiave - interni, esteri, difesa e finanze - pare che due andranno agli sciiti e uno ciascuno a sunniti e curdi. Quindi, come si dice in questi casi, governo di unità nazionale senza alcuna intenzione di escludere alcuna componente del Paese, neanche quella sunnita che finora quasi non ha partecipato al processo politico. A dispetto di quei professionisti internazionali della "gufata" antiamericana che non perdono occasione per predire fallimenti a ogni intoppo e crocevia.

Le prossime scadenza sono già stabilite. L'Assemblea può avviare la redazione del testo definitivo della Costituzione irachena, da presentare entro il prossimo 15 agosto e sottoporre a referendum popolare entro il 15 ottobre prossimo. Se la Costituzione venisse approvata nei tempi stabiliti, sono previste nuove elezioni generali entro il 15 dicembre e un nuovo governo non oltre il 31 dicembre del 2005; se bocciata, una nuova Assemblea dovrà essere eletta entro il 15 dicembre per preparare una nuova Carta fondamentale entro l'anno seguente.

Accanto a Jafari ci saranno tre vice-premier, uno dei quali sarà quasi certamente Ahmad Chalabi. Una soddisfazione non da poco per l'uomo su cui il Pentagono aveva puntato per la nuova classe dirigente irachena, il leader dell'Iraqi National Congress che invece ha subito, a causa della sua vicinanza ad ambienti neocon, una vera e propria demonizzazione. A smascherare le calunnie di cui è stato oggetto è Max Boot sul Los Angeles Times: i tentativi della Cia di scaricare su di lui la responsabilità degli errori e delle false informazioni sulle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein sono falliti. Né il suo arresto dello scorso agosto ha avuto seguito, né le accuse di fare il doppio gioco per gli iraniani hanno trovato riscontro. Su Chalabi pesa una condanna per frode di un tribunale militare giordano, ma la sentenza è ancora oggetto di una causa con il governo giordano.

Merita di meglio quest'uomo, scrive Boot, che ha rischiato la vita contro una delle peggiori tirannie del secolo e gli Stati Uniti avrebbero fatto meglio in Iraq se gli avessero dato ascolto. Ma il destino prepara a Chalabi la giusta riparazione. Con la carica di vicepremier che dovrebbe assumere è al centro della nuova politica irachena e non essere ben visto a Washington si può rivelare il dono migliore per un politico iracheno.

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