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Sunday, April 24, 2005

Berlusconi, eredità e fallimento annunciato

«Gli errori del premier e quelli dell’Unione». Dell'eredità di Berlusconi e del suo fallimento, tratta l'editoriale di oggi di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.
L'economia. «Sul piano simbolico il "berlusconismo" ha rappresentato l'esaltazione dell'impresa e della libertà economica, argomenti tabù per la politica tradizionale. Il fatto che Berlusconi non sia riuscito a tradurre quella discontinuità simbolica in una effettiva politica liberal-liberista è forse la vera causa della sua sconfitta. Ma, comunque, quel messaggio ha inciso per un decennio anche sulle idee della sinistra, obbligandola a modernizzare il proprio approccio ai temi del mercato e dell'impresa».

La politica estera. «Berlusconi è stato l'interprete di una politica "occidentalista": fedeltà agli Usa anche al prezzo di tensioni in Europa, scelta di campo pro-israeliana, una politica europea meno disponibile a lasciare all'Italia il ruolo di ruota di scorta dell'asse franco-tedesco. E' anche a causa di questa politica occidentalista, e delle sue conseguenze (la presenza militare italiana in Iraq) che Piero Fassino ha potuto, al recente congresso del suo partito, prendere così radicalmente le distanze dall'antiamericanismo di sinistra».

Le istituzioni. «Ha fallito ma cosa resterà, dopo di lui, della legittima aspirazione a dare al premier i poteri necessari per non essere un ostaggio impotente nelle mani dei partiti? O della aspirazione a rendere più "occidentale" il nostro sistema giudiziario, per esempio separando le carriere di giudici e pubblici ministeri? E' possibile che, venuta meno la sfida berlusconiana, di tutto ciò non resti traccia e il centrosinistra si adagi in un conservatorismo soddisfatto, pago delle poche virtù e dimentico dei vizi delle nostre tradizioni politico-istituzionali. In questo caso potrà ereditare il potere ma non la capacità di esercitarlo per modernizzare il Paese».
Alla fine, il monito al centrosinistra: Berlusconi ha voluto far finta che il centrodestra fosse unito dietro di lui, non impegnandosi a fondere in una politica coerente rappresentanze di interessi eterogenei. Il centrosinistra non dovrebbe ripetere l'errore.
«E farsi ora promotore di una proposta di governo, non piattamente incentrata sull'antiberlusconismo e sulla difesa dello status quo... che porti alla luce subito i conflitti nel centrosinistra. Poiché — Berlusconi docet — ciò che non si ha il coraggio di fare prima, lo si sconta dopo. La furbizia di oggi verrà pagata domani. In credibilità e consenso».
Nel post La svolta social-corporativa. Rastaurazione compiuta il testo dell'editoriale di ieri - illuminante - di Piero Ostellino, sul Corriere della Sera, e alcuni commenti.

2 comments:

Anonymous said...

D'accordo con Ostellino, da tempo, e con Panebianco, da altrettanto tempo...

e poi?

Questi bravissimi editorialisti laici e liberali se la cavano così.
Si arroccano nella torre d'avorio dell'"io sono anni che lo vado scrivendo e dicendo...", ma il Paese va in un'altra direzione.

Non credono costoro di essere quasi inutili...
Se hanno le idee così chiare, perchè non si battono, battono, battono come noi che la pensiamo nello stesso modo?
Perchè questi bravissimi editorialisti e studiosi si limitano a reiterare la snobbistica solitudine di chi scriveva su IL MONDO di Pannunzio?

A parte la denuncia chiara ed argomentata, perchè non combattono per le loro idee?

JimMomo said...

Ognuno ha le sue capacità. Bravi nelle analisi, poi l'agire spetta ai politici, quelli che ci vogliono sentire.

un caro saluto