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Friday, April 22, 2005

Quale relativismo

Siccome non faremmo onore alla statura intellettuale di Papa Ratzinger intepretando le sue come condanne ai semplici fenomeni di consumismo, egoismo, materialismo, all'indifferenza e alla superficialità che sperimentiamo nella nostra quotidianità, come se fosse uno dei tanti "moralisti", un qualsiasi presidente bacchettone di un'associazione per la tutela dei minori in tv, le parole usate da Giulio Giorello sul Corriere della Sera di oggi mi sembrano estremamente utili.
«Mi preme far notare come lo spettro del relativismo sia un'etichetta di comodo per stili di vita e forme di pensiero estremamente diverse e sovente incompatibili tra loro.

Che c'entra, per esempio, il liberalismo con la new age e le espressioni di "vago" misticismo? È davvero solo una "moda" quel pensiero liberale che ha dato sostanza a esperimenti politici come gli Stati Uniti, dopo la vittoriosa guerra d'indipendenza, o alle altre forme di "società aperta", capaci di realizzarsi contro sistemi dispotici e di resistere all'offensiva dei totalitarismi del '900? Che ne è di quel particolare liberalismo che si è schierato a difesa dei cattolici laddove erano discriminati o perseguitati? Infine, cosa resta di quel cattolicesimo liberale che tanto ha dato alla stessa Italia, non solo alla teoria, ma anche alla pratica della politica - da Sturzo a De Gasperi?

Popper, come Mill, aveva a modello l'impresa scientifica, ove la possibilità del confronto, ed eventualmente del conflitto, tra le più diverse linee di ricerca significa crescita della conoscenza e abbondanza di occasioni - anche sul piano economico e tecnologico.

Sovente si spaccia l'esercizio dello spirito critico e la costruzione di un sapere fallibile e rivedibile come assenza di responsabilità e cedimento a qualsiasi protervia. Ma chiunque abbia mai davvero partecipato a questa paziente e faticosa impresa sa che è tutto il contrario. Ciò che spirito critico e società aperta consentono è che qualunque punto di vista abbia i propri difensori pubblici; quello che esigono è che la difesa non si limiti a imposizioni o scomuniche, bensì porti delle ragioni. Questo è "relativismo"? Non ho paura delle parole, ma allora sono relativisti anche Jefferson e Cattaneo, Einaudi e Popper».
Mi pare che a questo punto possiamo anche ipotizzare, ipotesi da verificare, che Ratzinger si batta contro un mulino a vento, uno spazio vuoto. Torna utile la definizione trovata da Malvino, secondo la quale rientra nel relativismo...
«ogni concezione filosofica che considera la realtà non conoscibile in sé stessa ma soltanto in relazione alle particolari condizioni in cui i suoi fenomeni vengono osservati, e non ammette perciò verità assolute nel campo della conoscenza o principi immutabili in sede morale».
Dunque, Ratzinger si tranquillizzi: esercitare il pensiero critico non significa negare l'esistenza di verità, o di principi validi, ma semplicemente ritenere che essi non siano assoluti, né definitivi. Se Benedetto XVI è consapevole di questo, allora dovrebbe circoscrivere meglio l'oggetto delle sue condanne, individuabile al massimo nel cosiddetto "pensiero debole", che sarebbe esagerato persino ritenere una dottrina.
SEGUE

1 comment:

Anonymous said...

Si scrive relativismo, si legge libertà di pensiero.
altro che chiacchiere!

Si scrive Verità, si legge Comando io!