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Sunday, April 24, 2005

Belle parole...

Quelle dell'omelia di oggi di Benedetto XVI, ma dove lo porteranno. In corsivo nel testo indico alcuni punti di ambiguità. Anzi non di ambiguità, volevo dire concetti chiari ai quali la Chiesa ufficiale troppo spesso non ha agito con coerenza.
«Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo... Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicchè sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia... E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà.
(...)
La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore distrutto. Vi è il deserto dell'oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell'uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perchè i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell'edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione.
(...)
il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi. Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: "Io sono il buon pastore... Io offro la mia vita per le pecorè, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l'amore!. Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore.
Quante volte la Chiesa crede più nel potere degli averi e dei divieti piuttosto che nella guida dell'amore.
Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell'umanità.
Anche la Chiesa si è fatta in passato - e rischia di continuare a essere oggi - ideologia del potere mondano, con anatemi che lungi dalla liberazione dell'uomo lo rinchiudono nel "peccato" senza possibilità di uscita
(...)
Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori.
Quante volte la Chiesa ha crocifisso con i suoi anatemi.
Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall'impazienza degli uomini.
(...)
"Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!" Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell'arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell'uomo, alla sua dignità, all'edificazione di una società giusta. (...)
Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell'angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla - assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande».

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