L'errore, il «tragico incidente» causato da "fuoco amico", era già nelle cose ed è il massimo che le autorità militari americane hanno voluto concedere nel rapporto impietoso diffuso oggi sull'uccisione a un check point Usa dell'agente Nicola Calipari, che stava portando all'aereoporto di Baghdad Giuliana Sgrena dopo averla liberata dai suoi rapitori. Il comando della forza multinazionale esprime la sua più «profonda solidarietà ai familiari di Calipari», riconoscendo che «le forze italiane stanno dando un contributo significativo al futuro dell'Iraq, e siamo fieri di servire a fianco dei militari italiani».
Il risultato dell'inchiesta che i rappresentanti italiani non hanno voluto firmare è univoco e smonta uno per uno tutti i punti di forza della ricostruzione italiana. La percezione della velocità dell'auto fu superiore a 50 miglia orarie. Il veicolo che si stava dirigendo verso il check point non ha ridotto la velocità neanche una volta superata l'alert line, fino a quando non è stato raggiunto dal fuoco. Due, quattro colpi a terra per intimare l'alt, ma «fu inutile». Quindi gli undici colpi che hanno colpito l'auto. I soldati hanno agito «secondo le regole d'ingaggio» e dunque nei loro confronti non vi sarà alcun provvedimento disciplinare.
L'agente del Sismi alla guida della Toyota riferì ai militari americani accorsi sul luogo «chi era la signora Sgrena» e che dopo «aver udito spari provenienti da qualche parte» si era «spaventato e aveva iniziato ad accelerare, cercando di raggiungere l'aeroporto il più velocemente possibile». A bordo dell'auto, aggiunge il rapporto di oggi, un «misto di eccitazione e tensione» ed «entrambi gli agenti italiani telefonarono dall'auto».
«E' chiaro che un maggior coordinamento avrebbe potuto prevenire questa tragedia», è la conclusione del rapporto, che in un paragrafo intitolato "Coordinamento" ribadisce che «nessuno», da parte americana, era stato messo al corrente dell'operazione di trasferimento all'aereoporto «fino a incidente accaduto». Neanche all'ambasciata ne erano al corrente. Non deve stupire o essere strumentalizzato il fatto che il rapporto di 45 pagine del comando americano a sia pieno di omissis: nomi, frasi e, in alcuni casi, intere pagine, sono annerite. E' la procedura normale per proteggere l'identità dei soldati coinvolti e la segretezza delle misure di sicurezza.
Ieri il Pentagono, irritato dalle dichiarazioni del premier, aveva rivelato tramite la tv Cbs l'esistenza di una registrazione della scena della sparatoria filmata da un satellite militare: la pattuglia al check point vide l'auto quando si trovava a 137 yards di distanza (130 metri) e aprì il fuoco quando l'auto era a 46 yards (a soli 42 metri). L'intervallo di tempo tra i due momenti è risultato minore di tre secondi, il che equivale a una velocità dell'auto - secondo questa ricostruzione - pari a oltre 96 chilometri orari.
In attesa di conoscere gli argomenti di merito contenuti nel rapporto italiano di lunedì, fino ad ora mi sembrano inutili e strumentali, oltre che dannose per i rapporti con Washington, tutte le polemiche e le reazioni affannate, quelle del Sismi per le immagini dal satellite, e quelle all'insegna di un provinciale orgoglio nazionale ferito. Ferito da cosa? O si contestano i risultati del rapporto nel merito e con delle prove (il Sismi che dice?), o non vedo quali altri argomenti possano essere usati (le testimonianze della Sgrena e dell'agente superstite?). Sembrò subito la classica tragica fatalità del fuoco amico di cui non si sarebbe mai venuti a capo, eppure bisognava dimostrare un'unica cosa: l'Italia era ferma nell'inchiodare quei "grilletti facili" degli americani alle loro responsabilità. Nessuno ebbe il coraggio, forse frenati da un falso e malintesto sentimento patriottico, di ipotizzare un pasticcio tutto, o quasi, italiano.
Il post di ieri: «Grilletto facile da una parte, pasticci facili dall'altra».
Vi segnalo la lucida analisi di Gianandrea Gaiani.
«La soluzione della vicenda sarebbe stata a portata di mano se il governo italiano non avesse implicitamente sottointeso alla richiesta d'istituire la commissione d'inchiesta congiunta l'individuazione di "colpevoli", cioè di uno o più militari americani da processare e punire. Un esito impossibile per il sistema statunitense che considera gli errori in guerra "tragiche fatalità" giustificate dalla minaccia e dal contesto, eventi per i quali scusarsi, ma non punire i militari esposti alle azioni di guerriglieri e terroristi, specie se le regole d'ingaggio sono state rispettate... In Italia sembra essere sfuggito il fatto che gli Stati Uniti non sono pronti a sacrificare due o tre soldati come capri espiatori per dare una soddisfazione all'alleato, minando così la fiducia dei militari nel sistema paese».Specie se si tratta di coprire pasticci tutti italiani. E' strano come la stampa italiana, anche di sinistra, non rivolga invece pressanti domande su tutta la gestione dell'operazione al nostro governo e al Sismi, che finora hanno eluso tutti i principali e più pesanti interrogativi. «La verità, ma non tutta la verità», reclamava Il Foglio l'11 marzo, esigenza che torna a sottolineare l'editoriale di oggi:
«Ci sono fatti, sul terreno della politica internazionale in situazione bellica, e il caso di Sigonella fu tra questi, in cui la verità come accertamento puntuale di tipo giudiziario si scontra con le necessità della guerra e della diplomazia, due terreni infidi sui quali bisogna camminare con cautela».L'unica cosa che sappiamo è che «la "condanna preventiva" dei soldati americani è in pasto all'opinione pubblica fin dal primo momento».
«Può essere che i nostri procedessero al di fuori di un normale protocollo di sicurezza, può essere che i soldati Usa abbiano sparato troppo presto, può essere che ci sia stato un concorso di responsabilità o che sia stata una tragica fatalità. Chi doveva certificare la parziale verità possibile... era una commissione che ha fallito il suo compito per ragioni politiche. Restano i satelliti americani e le perizie della polizia scientifica romana, cioè due semi-verità che finiranno in pasto alla piazza politico-mediatica, con riserva di demagogia. Un capolavoro di trasparenza e di responsabilità: chiunque ne sia l'autore, a lui vanno i nostri più sentiti complimenti».
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