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Saturday, April 23, 2005

Matrimoni gay ed etero. Uguali per legge in Spagna

Sul voto del Parlamento che autorizza il matrimonio tra gli omosessuali nella Spagna di Zapatero non ho nulla da aggiungere a quanto scrisse 1972 nell'ottobre scorso. Ciò che ritengo indispensabile è prevedere un istituto giuridico che soddisfi la giusta richiesta delle coppie gay di poter vivere il proprio rapporto di amore con pienezza e dignità. Sciogliere invece questo rapporto all'interno dell'istituto giuridico che regola il matrimonio tradizionale semplicemente non riconosce uguali diritti nella diversità, ma tende ad annullarle, il che è impossibile, giuridicamente. Un'ingiustizia si realizza anche quando si regolano allo stesso modo situazioni diverse.
«A nostro parere l'equivoco di fondo consiste nella definizione del matrimonio tra persone dello stesso sesso come "diritto" e nella relativa pretesa di includere nella categoria dei "diritti" ogni rivendicazione - per quanto rispettabile o condivisibile - di qualsiasi gruppo sociale.
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è falso che l'impossibilità di accedere ad una medesima condizione giuridica di altri soggetti determini sempre e comunque una discriminazione. In quanto negozio giuridico, dal matrimonio discendono diritti ed obblighi. Ma in ogni contratto (o negozio giuridico bilaterale), esistono anche motivi di incapacità che non ne consentono la stipula a determinati soggetti senza che per questo si gridi all’intollerabile diseguaglianza di trattamento
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se si impedisce ad un omosessuale (in quanto tale e in quanto persona) di votare o ad un nero (in quanto tale e in quanto persona) di esprimere pubblicamente la propria opinione si commette un crimine. Ma l'estensione del matrimonio a persone dello stesso sesso non risponde alla medesima logica perchè, invece di riconoscere un’uguaglianza di diritti nella diversità, annulla la diversità in nome del riconoscimento di un preteso diritto.
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Ora: si può pensare quel che si vuole del matrimonio omosessuale e certamente sia chi è favorevole sia chi è contrario ha dalla sua argomenti sostenibili. Ma che si tratti di materia controversa è sicuro. Anche senza scomodare improbabili teorie su sconvolgimenti epocali che la riforma provocherebbe nel tessuto sociale, è chiaro che matrimonio eterosessuale e matrimonio omosessuale non sono la stessa cosa, per alcune ragioni evidenti che sarebbe superfluo perfino sottolineare. Ciò non implica di per sé il rifiuto del secondo ma la mancata considerazione di questa differenza rende di per sé dubbie le motivazioni di una sua acritica accettazione».
Capisco cosa intende Paolo (Le Guerre Civili) per "comportamento sociale". E' vero che ci sono dei comportamenti che possiamo definire "antisociali". Non giudicatemi cinico, ma creare una famiglia non con il fine di procreare è uno di questi. Non contribuisce alla conservazione biologica della specie umana. Però anche una coppia eterosessuale può decidere di non avere figli, e anche questo in un certo senso sarebbe un comportamento antisociale, ammesso e non concesso che la socialità stia solo, o in modo prevalente, nel dato biologico.

Forse, il comportamento più sociale che potremmo avere è "essere felici". Perché quindi non rendere "felici" due omosessuali che vogliono un'unione riconosciuta? Un principio cardine del liberalismo credo sia quello di cercare, prima di porre un limite alla libertà di qualcuno (in questo caso si tratta di libertà "contrattuale"), di cercare se vi sia qualcuno o qualcosa che viene danneggiato da quella libertà qualora non limitata. E comunque c'è una dignità del proprio essere individuo che viene prima della valutazione "sociale" del comportamento (socialità che era infatti la preoccupazione massima dei regimi totalitari del '900). Se non possiamo obbligare tutti ad avere figli, non possiamo nemmeno negare a una coppia gay di vivere con dignità il proprio rapporto, che questo sia riconosciuto pienamente dalla società. Poi chiamiamolo come vogliamo, non lo equipariamo al matrimonio.

Le parole hanno un senso perché descrivono la realtà, contribuiscono in gran parte a determinarla. Per questo motivo il loro travisamento è il travisamento della realtà. Chiunque voglia cambiare in modo drastico una società è sufficiente che ne corrompa il linguaggio espropriandolo dei suoi significati.

Un passo dell'editoriale di Pieluigi Battista oggi sul Corriere della Sera, fin troppo terzista, e cauto nello stigmatizzare i veri e propri anatemi che la Chiesa cattolica pronuncia sempre più spesso sulle decisioni dei Parlamenti democratici.
«Così come la Chiesa (anche in Italia) non può essere favorevole al divorzio e tuttavia può scegliere di non scatenare un interminabile conflitto con le legislazioni divorziste, anche il mondo cattolico che crede nella famiglia come pilastro dell'universo sociale e morale può distinguere tra la forza di una battaglia culturale ferma sul piano dei princìpi e una avventurosa guerra senza quartiere contro le leggi che gli Stati si danno sul piano della concreta regolazione delle convivenze "di fatto", in Spagna e in tutto il mondo.

E se appare cruciale nella battaglia contro la "dittatura del relativismo" un atteggiamento non compromissorio nelle materie che attengono alle questioni prime e ultime della vita e della morte, nel rifiuto di un mondo che nella sua pretesa di onnipotenza arriva all'intollerabile della fabbricazione dell’umano o, nel nome dello stesso sciatto indifferentismo morale, alla soppressione arbitraria di quella medesima umanità, al contrario l'obiezione etica e culturale al "relativo" delle unioni diverse da quelle tradizionali del sacramento matrimoniale può richiedere prove supplementari di realismo e ragionevolezza».

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