Su
ideazione.com un
mio articolo ripercorre alcune tappe concettuali per l'affermazione del diritto/dovere di ingerenza democratica.
«Democrazia e libertà sono bandiere ancora a mezz'asta, quando non ammainate, nelle fila della sinistra. Internazionalista quando a dover essere internazionalizzata era la causa della classe operaia in chiave marxista, dopo la caduta del blocco sovietico la sinistra è divenuta isolazionista oggi che occorre promuovere libertà e democrazia nelle parti del mondo dove vivono popoli oppressi. E i diritti umani vengono invocati col contagocce, strumentalmente, quando servono agli atti di denuncia contro los imperialistas americani e contro le loro multinazionali. L'interventismo democratico, fatto proprio dalla sinistra liberale di Tony Blair, ha qualcosa da dire anche alla sinistra italiana?»
Oggi il diritto/dovere di ingerenza è un principio pienamente affermato, fatto proprio dalla politica estera dei
governi di Tony Blair e
accolto anche oltreoceano, ma viene da lontano. Non il «diritto» di ingerenza, ma il «dovere» di ingerenza è quello di cui ha sempre parlato
Marco Pannella fin dai primi anni '80, con le campagne contro lo sterminio per fame nel mondo. Scopriamo come:
«Laddove sono negati i diritti naturali della persona umana cessa il diritto positivo degli Stati alla propria sovranità, perché la salvaguardia dei diritti umani sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite non può conoscere frontiere e zone franche. Per questo, i radicali furono sostenitori di una linea di ingerenza politica nei Paesi totalitari dell'Est europeo da contrapporre alla stabilità e all'equilibrio di forze militari tra i blocchi. In questa chiave vanno lette le iniziative, anche a favore del disarmo, tese a superare quell'equilibrio militare che assieme alla nostra sicurezza garantiva l'oppressione dei popoli dell'Est. L'ingerenza e la nonviolenza, lungi dal poter essere accostate al pacifismo equidistante, sono gli strumenti di destabilizzazione delle dittature comuniste». Leggi tutto
Imperdibile sempre su
ideazione.com, rispolverato dagli archivi (nov/dic 2004), un
articolo di
Vittorio Macioce (
Mab), dal quale è tratto questo stralcio:
«E' la borghesia cha ha fallito. Ha svenduto idee, tradizioni, vocazioni all'ideologia forte del momento. Ha educato, o lasciato educare, i suoi figli prima ad un marxismo immaginario, fatto di libretti rossi e di yoga, di viaggi in Oriente, di rivoluzioni ludiche, di salari garantiti, di "manifesta pure, sfogati, tanto poi ci pensa l'amico di papà" e poi al Grande Fratello, al quarto d'ora di celebrità, a Miss Muretto e Miss Ragazza Immagine, alla famiglia come unica forma di welfare state. Prima Che Guevara, poi le Veline. E' la borghesia che si è accontentata e ha chiuso le porte, che ha visto i pezzi più fragili della sua classe perdere dignità economica e sociale. E' sbarazzarsi di quelle poche cose sulle quali si basava la propria fortuna: la dignità, il sacrificio, quel rispetto un po' sacro che aveva per la cultura. Questa borghesia fa rabbia e per motivi diversi rispetto al passato: non perché provinciale, non perché conformista o bacchettona, classista, perbenista, o grigia, o parvenue. Questa è una borghesia ignorante, in un’epoca in cui non può permetterselo. E' una borghesia che non ha pensato ai suoi figli».
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