Ammettiamo pure che qualche libro di testo può aver minimizzato i massacri di cui le truppe giapponesi si sono rese responsabili in Cina, Corea e negli altri Paesi asiatici prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Tuttavia, primo: molti libri di testo ricevono il via libera dal ministero dell'Istruzione giapponese ma le scuole non sono obbligate a sceglierne uno in particolare (i libri revisionisti sono adottati dallo 0,3 per cento delle scuole). Secondo: la storia del Paese è materia dibattuta apertamente e incessantemente nelle università, sui libri, su giornali e riviste. Terzo: il governo giapponese ha offerto in più occasioni le sue scuse.
Cosa succede invece in Cina? C'è un'unica versione della storia autorizzata dal regime comunista. Secondo i libri di testo nessuno morì a piazza Tienanmen nell'89 e chi sostiene il contrario viene imprigionato. Circa 20 milioni di cinesi persero la vita a causa della rivoluzione culturale? Non accadde, secondo i libri di testo cinesi. L'invasione del Tibet (1950), l'aggressione al Vietnam (1979)? Non c'è traccia. Da chi fu sconfitto il Giappone nella Seconda Guerra Mondiale? Dalla guerriglia cinese. Pearl Harbor, Iwo Jima and Midway non figurano.
Di tutto questo parla un editoriale del Washington Post. E' difficile per ogni paese fare i conti col proprio passato, «ma nei paesi che permettono un dibattito aperto, le interpretezioni storiche possono essere costantemente cambiate e rivisitate, forse avvicinarsi alla realtà». Nelle dittature, che usano la storia come strumento di potere, non c'è speranza. In questo caso l'obiettivo è impedire al Giappone di ottenere un seggio permanente al Consiglio di Sicurezza dell'Onu nell'ottica della riforma in discussione in queste settimane.
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