«Gli scandali sono il sale delle democrazie», scrive oggi in prima pagina sul Corriere Sergio Romano, che tra Sircana, vallette, le foto, la stampa, chiama in causa invece i «crociati» della moralizzazione pubblica, quella figura così di moda del «procuratore battagliero, aggressivo e ansioso di pubblico consenso», le cui inchieste sputtanano tutti a 360° ma difficilmente producono condanne.
E, infine, conclude evocando la necessità della separazione delle carriere, dicendo di «non comprendere perché i giudici vogliano continuare a convivere, all'interno di una stessa carriera, con colleghi che hanno progressivamente assunto una diversa fisionomia professionale e hanno, di conseguenza, un diverso stile di lavoro».
Le foto che ritraggono Sircana intrattenersi con alcuni transessuali sui marciapiedi di Roma ci sono e questo dovrebbe spostare definitivamente i riflettori da chi ha dato la notizia a chi da Palazzo Chigi ha cercato di insabbiare, di proteggersi manovrando anche il braccio di Authority supposte indipendenti per tappare la bocca alla stampa. Altro che falso scoop del Giornale; altro che rispetto della privacy; altro che le notti brave di Sircana, di cui non frega a nessuno.
In un paese serio ogni tentativo di impedire la pubblicazione di notizie per coprire la scappatella di un membro del Governo si sarebbe trasformato in un boomerang che avrebbe fatto saltare diverse teste. Non solo quella di un Garante che l'unica cosa che cerca di garantire è la privacy della classe politica contro la libertà di stampa. Di fronte alla contro-ritrattazione, si tratta di chiedersi chi ha indotto la mendace ritrattazione. Di interesse pubblico non sono le abitudini sessuali di Sircana, ma il tentativo di ricatto di uno dei principali collaboratori del premier, addirittura quello cui è affidato il compito di comunicare ufficalmente le posizioni del Governo.
L'interesse pubblico alla libera informazione è sempre prevalente rispetto alla privacy dei personaggi noti, soprattutto se politici. La censura preventiva è incompatibile con la libertà d'espressione e la libera circolazione della conoscenza. Eventuali diffamazioni devono essere riconosciute e sanzionate in sede giudiziaria, secondo il principio "si pubblica con libertà, si risponde con responsabilità".
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