Non è uno dei comunicati più oscuri quello che Pannella ieri sera ha messo sul sito Radicali.it (Leggi). Basta sapere che l'«illustre Impaziente» di cui si parla è Capezzone. Ricorda a noi impazienti che se il Governo vedrà approvato dal Senato il suo decreto di rifinanziamento delle missioni, pur senza tutti i 158 voti dai banchi della maggioranza, non è giuridicamente e costituzionalmente tenuto a dimettersi. Grazie, un ripasso di diritto costituzionale fa sempre bene.
Rimane la questione politica. Perché val la pena di ricordare che stando alle dichiarazioni del presidente Napolitano, di Prodi, di Fassino e dei vertici di tutti i partiti di maggioranza, il Governo Prodi è stato rinviato alle Camere così com'era, dopo la sua prima crisi, proprio sulla promessa fatta a Napolitano, proclamata ai quattro venti, che potesse contare su una maggioranza autosufficiente (158 voti) al Senato. Se lo stesso presidente ha chiesto che una maggioranza certa - a prescindere dalle auspicabili convergenze bipartisan - ci fosse, è evidente che, al contrario di quanto sostiene Pannella, il problema dei 158 esiste.
Ed è proprio alla pervicace ricerca di questa autosufficienza che è stata immolata la posizione della Rosa nel Pugno durante la crisi, che invece auspicava un più corposo allargamento a non meglio precisate forze liberali e socialiste. Non era "ineludibile" dimettersi neanche in occasione dell'ultima crisi. Eppure...
Eppure il problema c'è, eccome. Improvvisamente si sono tutti innamorati del voto bipartisan, scordandosi però che è un comportamento di maggioranze e opposizioni tipico di sistemi istituzionali diversi dal nostro, e che per di più qui godono del quasi totale rigetto da parte delle forze politiche. Si addicono ai presidenzialismi o ai premierati, non alla partitocrazia.
Si vorrebbe ampliare la maggioranza verso il centro senza modificare gli equilibri politici, cioè senza scatenare le proteste della sinistra neocomunista. Così «Si resta a metà del guado. Si tenta di fare lo stesso l'operazione senza pagarne il prezzo politico», riassumeva perfettamente Stefano Folli.
Nelle democrazie in cui le votazioni sono spesso «bipartisan» - Stati Uniti e Gran Bretagna - non esiste commistione tra potere esecutivo e legislativo. Entrambi ricevono il mandato direttamente dagli elettori e rimangono in carica fino alla sua scadenza naturale. Ecco perché, se arriva alle Camere una legge gradita all'opposizione, capita spesso che alcuni suoi deputati la votino, non essendo in gioco la permanenza al governo degli avversari; e, viceversa, se arriva una legge sgradita a parte della maggioranza, capita che alcuni suoi deputati non la votino, sapendo di non far cadere il premier o il presidente. Il fatto che siano tutti più indotti a valutare nel merito e non per appartenenza toglie potere di ricatto alle ali estreme. Così, prima di tutto sulla politica estera a volte si sfiora persino l'unanimità.
Ancor più della legge elettorale è quindi l'aberrazione della "fiducia" che il Governo deve ricevere dalle Camere per essere legittimato a governare la fonte dell'instabilità italiana. Il Governo dipende (deve la sua stessa legittimità) dalla maggioranza che gli concede la fiducia, cioè da un patto politico tra partiti che nasce in Parlamento. I partiti di opposizione possono aggiungere il loro voto, se lo ritengono, ma la maggioranza dev'essere autosufficiente. Se troppo spesso, o in passaggi fondamentali, non lo è, viene a mancare il patto, c'è una nuova maggioranza che dovrebbe palesarsi e dar vita a un nuovo governo. Dicesi parlamentarismo: ecco quindi perché senza l'autosufficienza dei 158 il nostro sistema va in sofferenza.
Uno di questi passaggi fondamentali è senz'altro il voto sul rifinanziamento delle missioni all'estero. Se il centrodestra dovesse decidere di non votare il decreto del Governo, coprendosi presentando una sua mozione per il rafforzamento del contingente e delle regole d'ingaggio, solo l'Udc - come sembra - potrebbe consentirne l'approvazione, rendendo ininfluente, come dice Pannella, il fatto che dalla maggioranza potrebbero arrivare meno di 158 voti. Eppure, lo stesso Casini, preannunciando di voler votare a favore, ha chiarito che se anche il decreto passasse ma mancassero i 158 voti dalla maggioranza, il Governo dovrebbe dimettersi. Ti aiuto, ma esigo le tue dimissioni? E' logico: nuova maggioranza, nuovo governo, o quanto meno nuova verifica politica di quello vecchio.
In un sistema in cui la legittimità dei governi dipende dalle maggioranze che si formano in Parlamento c'è un limite al loro variare. Perché, per esempio, il Governo non pone la fiducia sul decreto delle missioni? Saprebbe di perdere i voti dell'Udc e di non avere una maggioranza. A questo punto dovrebbe essere il Capo dello Stato a esigere che venga posta la fiducia per garantire il corretto funzionamento del parlamentarismo. Insomma, si deve sapere se l'Udc fa parte o meno della maggioranza. Soprattutto, in una materia come la politica estera si deve sapere su quale maggioranza si regge il Governo.
Nel merito, Prodi è riuscito a peggiorare la politica estera di Berlusconi, anche agli occhi di chi non avesse amato i buoni rapporti di quest'ultimo con l'amministrazione Bush. Angelo Panebianco individua, tra i vari disastri, la circostanza imprevista e peggiorativa: «Il governo Berlusconi aveva rapporti freddi e quasi ostili con i principali governi dell'Europa continentale ma coltivava almeno un saldo legame con gli Stati Uniti. Con il governo Prodi, le tensioni con gli Stati Uniti sono giunte al loro massimo storico senza la compensazione di un solido e aperto sostegno degli altri europeo-continentali».
3 comments:
L'ultimo giapponese di prodi e di questo esecutivo è solo l'ultimo giapponese di se stesso... tutto il resto dell'armamentario, compreso l'ennesimo vano, inutile e da tempo logorato sciopero della fame (e della sete) è solo la "rappresentazione" dell'assoluta incapacità di contare alcunchè e dell'assoluta distanza tra la realtà quotidiana e la propria visione che ormai è completamente superata.
Se non è così, allora l'alternativa è solo e davvero la propria sopravvivenza purchè sia.
sottoscrivo l'anonimo e aggiungo che il tutto è modo sconfortante e penoso, inutilmente penoso.
ma per quanti anni ancora dovremo patire gli effetti deleteri della crisi e della fine del pci?
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