L'allarme viene da Federico Rampini, che di Cina è giornalista informato, ma da queste parti non giunge nuovo: «Il Grande Balzo in avanti questa volta la Cina lo fa nella spesa per gli armamenti». Con un più 18% nel 2007 il governo cinese porterà il suo bilancio militare ufficiale a 45 miliardi di dollari, ma potrebbe essere addirittura il triplo o il quadruplo secondo stime occidentali e giapponesi. Fonti americane si mostrano allarmate per un riarmo che definiscono «incoerente, inspiegabile, non trasparente».
L'11 gennaio la Cina ha distrutto con un missile uno dei propri satelliti meteorologici, in orbita a 800 chilometri da terra, mostrandosi così in grado di distruggere i satelliti spia americani. L'alba di una «nuova corsa agli armamenti, questa volta nello spazio, si aggiunge ad altri preparativi della Cina per diventare una superpotenza militare», aggiunge Rampini.
Possibile detonatore di una crisi è l'annosa questione di Taiwan. L'isola dove si rifugiarono i nazionalisti dopo la vittoria di Mao è oggi una democrazia e non ha alcuna intenzione di far parte della Cina popolare, che la considera una sua provincia ribelle. La Cina tiene puntati sull'isola, che dista appena 160 chilometri dalle sue coste, un migliaio di missili. Taiwan, riferisce Rampini, «sta acquistando a sua volta dei missili (da montare sui suoi jet F-16) dall'azienda americana Raytheon, un'operazione che è stata denunciata da Pechino. L'Amministrazione Bush ha ribattuto che l'acquisto di armi americane da parte di Taiwan è "legittima difesa"». Gli Stati Uniti, pur aderendo al principio che la Cina è una sola, sono impegnati a difendere Taiwan in caso di attacco.
Insomma, mentre tutti si concentrano sui dormitori per i soldati americani e sull'insopportabile militarismo yankee, in pochi vedono e mostrano di preoccuparsi dei temibili segnali del militarismo, quello vero, che è degenerazione, e del nazionalismo cinese.
Intanto, con la Cina siamo capaci di fare buoni affari, ma non può non venire subito alla mente l'annosa questione dell'embargo europeo sulle armi, per la cui revoca Pechino continua a pressare i paesi europei, trovando nell'Italia di Prodi un nervo particolarmente scoperto. Durante una recente visita commerciale di una delegazione governativa italiana, di cui faceva parte anche il ministro Bonino, Prodi ha assicurato ai vertici cinesi di adoperarsi in ambito europeo per la revoca.
Revoca da negare fermamente, invece, dando ascolto al dissidente Wei Jingsheng, militante storico del Partito Radicale, che nel dicembre scorso è venuto a Bruxelles a letteralmente scongiurare i compagni radicali, che oggi sono al governo, di fare tutto il possibile perché l'embargo sulle armi non venga revocato.
3 comments:
C'è poco da stare allegri: su questo punto io ho opinioni diverse da quelle di coloro che liquidano la vicenda come un normale adeguamento allo status acquisito, e scorgo un'aggressività specifica, figlia di una cultura dispotica, che potrebbe essere assai pericolosa: se ci fossero segni di disordine interno, la tentazione bonapartistica di scaricarli all'esterno sarebbe forte per un regime del genere.
Il giorno che cadrà l'embargo europeo vedrete che l'Italia sarà ai primi posti nella vendita di armi alla Cina, con qualsiasi Governo e maggioranza di Governo.
Qualsiasi cosa pur di far dispetto agli alleati Americani.
Salvo poi pentirsene ipocritamente dopo qualche anno.
>se ci fossero segni di disordine interno, la tentazione bonapartistica di scaricarli all'esterno sarebbe forte per un regime del genere.>
i segni ci sono e continuano a peggiorare di giorno in giorno, di pari passo con la capacita' del PCC di risolvere i problemi che esso stesso ha creato. Non stupisca il fatto che in Asia mentre a parole elogiano i cinesi ed il loro capitalismo manchesteriano, sono tutti inquieti e si aspettano come gli europei che sia il grande satana imperialista statunitense a togliere loro le castagne dal fuoco
Luigi
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