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Tuesday, January 23, 2007

Centralità della persona, ma come oggetto

«Posso io vivere ostaggio di una macchina? Ha senso? Dio mi chiede questo? No, non ho dubbi: Dio non chiede questo».
Giovanni Reale, al Corriere della Sera.

Il filosofo cattolico vicino a Wojtyla ha particolarmente apprezzato l'intervento del Cardinale Martini su eutanasia e accanimento terapeutico, dicendosi in piena sintonia. Opposta la posizione di Ruini. A parole, tutti dicono "no" all'accanimento terapeutico, ma la differenza emerge quando si tratta di stabilire quando c'è accanimento terapeutico. I ruiniani si trovano in difficoltà: le definizioni astratte del Catechismo della Chiesa Cattolica sono troppo ambigue e ancora non c'è stato modo di conoscere un caso concreto in cui a loro avviso si tratti di accanimento terapeutico.

Il Cardinale Martini e il filosofo Reale invece risolvono il problema ponendo al centro la «volontà del malato». Il che non vuol dire isolamento e abbandono del malato nelle sue valutazioni e decisioni. L'assistenza «deve continuare», ma «commisurandosi alle effettive esigenze della persona, assicurando per esempio la sedazione del dolore e le cure infermieristiche».

Il caso Welby ancora una volta dirimente. Per gli uni Welby avrebbe chiesto «lucidamente» il suicidio, per gli altri il caso «non aveva nulla a che fare con l'eutanasia perché era accanimento... Non si può imporre a una persona di vivere prigioniera della tecnologia. Quando la cosiddetta "cura" non ha più effetto, procura sofferenza e impedisce con la violenza l'estrema richiesta di quell'uomo. Che non significa affatto darsi la morte ma accettare di non poterla impedire».

Anche nel suo "no" alle terapie o a procedure mediche di carattere sproporzionato e inutile, la Chiesa riesce a calpestare l'autonomia decisionale del malato. Monsignor Sgreccia dice che «non solo si può, ma si deve rinunciare» a quelle terapie «che non presentano una ragionevole speranza di esito positivo». Esse sono «illecite sempre», in quanto «offendono la dignità del morente». Dunque, non è mai contemplato che sia il morente a decidere quando le terapie offendono la sua dignità.

Quella che prevale attualmente ai vertici della Chiesa cattolica è un'idea di centralità della persona come oggetto e non come soggetto, ma i dissensi esistono e sempre più emergono, rendendo evidente come la linea illiberale Ratzinger-Ruini sia molto meno compatta di quanto possa apparire dalle loro offensive mediatiche.

1 comment:

Anonymous said...

Ansa, 23 gennaio ore 14.35
"Bisogna distinguere quello che e'
giuridico da quello che e' etico: eticamente quello di Piergiorgio Welby e' un suicidio"
Prof. Umberto Veronesi (noto teo-con)
Ciao